sabato 6 ottobre 2018

Evoluzione 3 - L'alba dell'uomo

Quando Kubrick ed io cominciammo a lavorare su 2001, l'era spaziale aveva appena sette anni, e nessun essere umano si era mai allontanato dalla Terra per più di un centinaio di chilometri. La conquista della Luna a quel tempo sembrava alla gente comune soltanto un sogno lontano. (A. C. Clarke)











Il percorso proposto da Kubrick attraversa quattro momenti:
- l’Alba dell’Uomo, quello che vediamo noi.
- Il viaggio verso la stazione lunare 
- la missione verso Giove e infine 
- da Giove verso l’infinito.

Un film misterioso

Dopo aver visto queste scene rispondiamo a coppie alle sette domande che trovate qua sotto.
Poi inviate un file che avrete nominato COGNOME_COGNOME_KUBRIK 


  1. Perché Kubrick inizia il film con 4 minuti di immagini fisse?
    perché, nei primi 20 minuti, la macchina da presa non si muove mai?
  2. In che epoca è ambientato il film?
  3. Dove è ambientato il film?
  4. In quale  specie umana possiamo annoverare i protagonisti dell inizio del film?
  5. Perché sono così "scimmieschi"?
  6. Che significato ha il match-cut, osso/astronave che lega le prime due parti del film.
  7. Che cos'è il monolite nero?

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infine....
  • Perché sarebbe stupido sostenere che il film di Kubrick muova una critica alla teoria evoluzionista di C. Darwin?





L’Alba dell’Uomo 

Il buio della preesistenza (sulle note di Atmosphere di Ligeti), il vuoto assoluto che ha generato il Big Bang. 4.000.000 di anni fa. Poi la musica di Così Parlò Zarathustra di Richard Strauss è la sinfonia del nuovo mondo, la comparsa delle scimmie antropomorfe che comunicano con versi, grugniti, suoni gutturali. Uomini-scimmia (potrebbero essere forse della specie australopitecus africanus che aveva preso il posto, a colpi d’osso di antilope, del cugino robustus?) e Tapiri insieme, ad abbeverarsi alla stessa pozza d’acqua, a mangiare erba. Poi scende il buio della notte e la paura, quella paura dell’Ignoto, del ghepardo che salta alle spalle e ti azzanna, lo spettro della Morte. Ed ecco che compare il Monolite nero, oscuro nel segreto che si porta appresso, il Segreto della Conoscenza. La musica del Requiem di Ligeti amplifica questo senso di Sacro Mistero, aumenta il senso di impenetrabilità, il limite della siepe da valicare, questo buco nero che assorbe la luce, questa porta spazio-tempo che si apre sulla eternità, questa coscienza immortale che rappresenta il senso della nostra esistenza. La scimmia antropomorfa ad un certo punto smette di osservare, di guardare con timore reverenziale e si ferma a pensare: ecco questo è il momento che meriterebbe il fermo immagine, la scoperta dell’osso e dei possibili utilizzi. Si chiama ragionamento ed è la scintilla innescata dal monolite, il momento di lucidità da cui origina il processo evolutivo. Ma ogni scoperta vuole la sua parte di dolore: il prezzo della Verità è il sangue dell’innocente che soccombe nella lotta per la sopravvivenza. Il lucido pessimismo di Kubrick si esplica in questa associazione tra lume della ragione e istinto alla violenza. L’osso del Tapiro viene usato prima come strumento per procacciarsi il cibo (da erbivori si diventa carnivori) e poi successivamente per affermare la propria superiorità di capo tribù uccidendo i propri simili. Il gesto che segna l’inizio del percorso evolutivo è un gesto di sangue, Caino che uccide Abele, un osso lanciato come perenne sfida dell’Uomo che diventa un grande balzo in avanti, una catapulta nel futuro. Pensate che tutta questa prima parte (tranne l’ultima scena, quella dell’osso volante che diventa poi astronave volante) è stata girata in studio, in teatri di posa vicino Londra, con l’illusione del paesaggio africano (deserto Namibico) proiettato in diapositive su un fondale di enormi dimensioni. Veniva utilizzata non più la tecnica della retroproiezione (già vista in Lolita e in tanti altri film) ma quella della proiezione frontale con specchio a 45° con una resa realistica, e la possibilità di avere la stessa intensità di luce per tutta la durata delle riprese (Kubrick da buon fotografo sapeva come giocare con la luce per potere evocare l’immutabilità e la primordiale purezza dell’alba della umanità).

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