giovedì 19 dicembre 2013

Compiti delle vacanze (video) recensione di un libro


L'articolo di Anton Ego

  • Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio; prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al nuovo servono sostenitori! Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo, un pasto straordinario di provenienza assolutamente imprevedibile. Affermare che sia la cucina, sia il suo artefice abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull'alta cucina, è a dir poco riduttivo: hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere! In passato non ho fatto mistero del mio sdegno per il famoso motto dello chef Gusteau "Chiunque può cucinare!", ma ora, soltanto ora, comprendo appieno ciò che egli intendesse dire: non tutti possono diventare dei grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque. È difficile immaginare origini più umili di quelle del genio che ora guida il ristorante Gusteau's e che secondo l'opinione di chi scrive, è niente di meno che il miglior chef di tutta la Francia! Tornerò presto al ristorante Gusteau's, di cui non sarò mai sazio.
In many ways, the work of a critic is easy. We risk very little, yet enjoy a position over those who offer up their work and their selves to our judgment. We thrive on negative criticism, which is fun to write and to read. But the bitter truth we critics must face, is that in the grand scheme of things, the average piece of junk is probably more meaningful than our criticism designating it so. But there are times when a critic truly risks something, and that is in the discovery and defense of the new. The world is often unkind to new talents, new creations. The new needs friends. Last night, I experienced something new; an extraordinary meal from a singularly unexpected source. To say that both the meal and its maker have challenged my preconceptions about fine cooking, is a gross understatement. They have rocked me to my core. In the past, I have made no secret of my disdain for Chef Gusteau's famous motto, "Anyone can cook". But I realize — only now do I truly understand what he meant. Not everyone can become a great artist, but a great artist can come from anywhere. It is difficult to imagine more humble origins than those of the genius now cooking at Gusteau's, who is, in this critic's opinion, nothing less than the finest chef in France. I will be returning to Gusteau's soon, hungry for more.

venerdì 6 dicembre 2013

Il cavallo di Troia 1 - La pazzia di Aiace

Aiace (in greco antico Αἴας, Aias) è una tragedia di Sofocle. Non ci sono dati certi sulla sua prima rappresentazione, ma si ritiene che sia avvenuta intorno al 445 a.C.

Achille è morto, Polissena l'ha ingannato e Paride lo ha colpito a morte a tradimento. I due Atridi, Agamennone e Menelao, capi dell'esercito greco, affidano le armi del defunto eroe a Ulisse. Qualcuno, però, non è d'accordo: in quanto amico del Pelide, Aiace Telamonio, re di Salamina, è convinto che gli dovessero essere assegnate di diritto, anche perché era il più simile al defunto Achille in forza e valore combattivo di tutto il restante esercito greco.
Il dramma si apre con la collera di quest'ultimo, accecato da Atena. Credendo di infierire sui suoi compagni, Aiace massacra i buoi e i montoni degli Achei.
La dea esorta Ulisse ad approfittare della situazione per consumare la sua vendetta, ma Ulisse rifiuta, non volendo infierire, e approfittandone per dar voce al pensiero sofocleo riguardo alla condizione dell'uomo e alla sua sorte effimera.
Tornato in sé, e pieno di vergogna, Aiace decide di riscattare il suo onore e la reputazione, la τιμή (tīmé, l'onore ed il rispetto su cui verteva l'istituto sociale della cosiddetta "società di vergogna", tipico delle istituzioni umane più arcaiche) della sua famiglia con il suicidio, che gli avrebbe garantito il κλέος (kléos, la gloria imperitura dopo la morte). [...]
Il dramma si chiude con la scoperta di Aiace morto e la disputa tra Teucro, Menelao e Agamennone. Il re atride rifiuta che gli venga data sepoltura, Teucro al contrario vuole onorare il fratello. Determinante è l'intervento di Ulisse: nonostante la disputa avuta con Aiace, consiglia Agamennone di lasciare che Teucro renda l'ultimo omaggio al defunto.


---------------------
SOFOCLE - AIACE
Testo completo in italiano della tragedia


ODISSEO
Grido d'Atena, la più mia degli dèi! Ah sì, mi si svela all'orecchio il messaggio - lei è indistinta, che importa - lo catturo, mi penetra: da metallica gola, quasi, di tromba perfetta. Come sempre m'hai scrutato a fondo, tu. Sì, sto puntando, accerchiando uno che detesta noi tutti, Aiace, l'uomo dello scudo. Certo, lui. Non un altro: lo pedino da un pezzo. Vedi, questa notte ci ha diretto contro un gesto assurdo. Sempre se è sua l'azione. Vedi, non c'è prova che inchiodi: si tenta, alla cieca. Allora mi offro, mi accollo io quest'impegno. Che massacro. Proprio un attimo fa lo scopriamo: un macello totale, per terra, delle bestie razziate, dei vaccari di guardia, là in mezzo. Colpo di mano. Circola voce che il criminale sia quello là dentro. L'ha intravisto un teste oculare e m'informa, chiarisce: tripudiava su e giù per lo spiazzo, solo, lui e la spada calda grondante. Di volo io scatto sui segni di passi: i suoi, qua e là, li decifro, su altri mi blocco, non ho elementi, chissà di chi sono. Perfetto, il tuo intervento: il tuo polso, lo sento, mi pilota costante nelle mie scelte di ieri, e in quelle future.
ATENA
L'ho capito, Odisseo. T'ho incrociato, per tempo, per esserti amica nella tua battuta.
ODISSEO
Di', tu che mi possiedi, mira preciso il mio sforzo?
ATENA
È così: questa è opera sua, del tuo uomo.
ODISSEO
E il motivo, del suo scatto demente?
ATENA
Rabbia. Rabbia pesante, per le solite armi di Achille.
ODISSEO
Ma su bestie..? Che è il suo piombare su bestie?
ATENA
Illusione, d'imbrattare le mani su di voi massacrati.
ODISSEO
Di', era impulso cosciente, proprio contro gli Argivi?
ATENA
Già azione concreta, se non ero attenta, io.
ODISSEO
Com'è esplosa la furia, l'istinto aggressivo?
ATENA
Losco, col buio, vi precipita addosso. Solo.
ODISSEO
Di', ci fu addosso, ormai sul traguardo?
ATENA
Già a contatto dei capi, là sulla soglia.
ODISSEO
E ferma il gesto omicida a mezz'aria. Che fu?
ATENA
Io. L'inchiodo. Nel cervello gli sferro visioni asfissianti, nella sua frenesia disperata. Lo dirotto su pecore e capre, poi sul bestiame di guerra, massa ancora comune, sotto vaccari guardiani. Cadde là in mezzo: tosatura di morte, folla di corna, gorgo, a schiantare le schiene. Per lui, ammazzava i due Atridi stretti sotto i suoi colpi: poi un altro, addosso, un altro dei capi d'armata. Illuso. No, ero io! Col suo cervello malato, ossessionato, io lo frustavo, l'affondavo nella trappola cupa. Alla fine la smise con quel suo ammazzare. Ora tocca alle bestie vive: le lega coi lacci e col grosso del gregge le tira al coperto. Nemici cattura, per lui' non la massa bovina! Anche adesso continua l'osceno supplizio delle bestie inchiodate, sotto la tenda. Vieni. Mostrerò anche a te la demenza di Aiace, lampante. Guardala bene, e gridala ai Greci del campo. Sta' calmo, resisti. Non prenderlo come una disgrazia tua, il contatto con lui: io faccio barriera al bagliore stravolto degli occhi. Non vedrà che sei tu.