lunedì 8 giugno 2015

Il nome della rosa

Quesiti - sul Nome della rosa:  cliccate dul link e leggetevi il post, vi servirà da guida per il questionario sul "palinsesto del Nome della Rosa di Umberto Eco ". che farete all'inizio dell'anno prossimo. Cercate di capire cosa significano i versi finali del romanzo e, quindi, cosa significa il titolo dell'opera:



stat rosa pristina nomine, nuda nomina tenemus

Compiti per le vacanze

 Avete tutto il tempo per passare delle vacanze intelligenti.
Per aiutarvi vi segnalo una lettura obbligatoria: non si può non conoscere Laura Mancinelli, che, per quanto ne so io, è l'unica storica del medioevo che ha saputo conciliare dottrina e letteratura 


la scelta non può che cadere su I dodici Abati di Challant, opera prima della scrittrice torinese che è pubblicato insieme a altri due romanzi:
- il delizioso Miracolo di Santa Odilia, come una persona intelligente, anche se monacata un po' a forza può evitare di fare la fine della Gertrude dei Promessi Sposi

- Gli occhi dell'imperatore, dedicato a Federico II
su amazon con 10 euro (6 in formato kindle) vi portate a case te romanzi brevi e intelligenti.

A me i libri della Mancinelli sono piaciuti tutti, ma per agli appassionati del Medioevo ne consiglierei due: 

- Il principe scalzo, dedicato a Matilde di Canossa 
- Biglietto d'Amore, che racconta la storia del codice Manesse, il più bello dei manoscritti medievali, e dà vita alle sue meravigliose miniature


Non mi piace imporre le letture, perciò altro non vi chiedo. Ho pensato però che, magari, qualche film può essere un punto di partenza per le prossime lezioni e che dedicare un po' di ore a farsi un po' di cultura cinematografica non è certo tempo perso.

Per esempio un italiano non può non conoscere il Nome della Rosa, che racconta la filosofia medievale (e il presente) meglio di tenti manuali. Lungi da me imporre la lettura di un romanzo obbiettivamente eccellente, ma che può essere affrontato e concluso solo da chi è animato da uno spirito da samurai. Il film di Annaud però ve lo potete guardare eccome. 
Così anche per gli altri film: può uno studente di liceo non conoscere la partita a scacchi tra il cavaliere e la Morte nel Settimo Sigillo di I. Bergmann? 
No allora copio e incollo da qualche sito a caso le presentazioni di alcune pellicole che, al posto vostro, mi guarderei con attenzione quest'estate:
(con altra sintassi si potrebbe anche dire che non vorrei essere al vostro posto a settembre se non li avete visti)
i film sono:
1. Il nome della Rosa (J.J. Annaud, 1986)
2. Il settimo sigillo (I. Bergmann, 1957)
3. Le Crociate (R.Scott, 2005)
4. Monty Python e il sacro Graal (in inglese con i sottotitoli), sennò guardatevi 
L'Armata Brancaleone (M. Monicelli) o Il soldato di Ventura (Bud Spencer)

Non rilassatevi troppo, per quello avrete un'infinità di tempo più avanti
(;-p), fate vacanze buone e attive.


Il settimo sigillo

Verrà la Morte e giocherà a scacchi

Il settimo sigillo, il celebre film di Ingmar Bergman del 1957, [...] ambientato nel XIV secolo attraversato dalla peste, racconta il ritorno in Scandinavia del crociato Antonius Block (interpretato da un giovane Max Von Sydow) che, appena attraccato sulla spiaggia, viene avvicinato dalla Morte, venuta a portarlo via; il cavaliere però ottiene di poter posticipare la dipartita sfidando la Morte stessa a scacchi in una lunga partita che gli permette, nel frattempo, di viaggiare lungo il paese, incontrando persone che tentano di espiare i loro peccati davanti all’epidemia di peste, o che si danno ai piaceri più estremi, o ancora che cercano nell’amore familiare di sfuggire ai dolori della vita.

Riflessione sul destino dell’uomo e sul silenzio di Dio, il film riesce a catturare le ansie di un’epoca, quella tardomedievale, che per certi versi assomigliava al secondo dopoguerra europeo, visto che i due periodi avevano visto grandi tragedie che sembravano rendere vana la fede religiosa; d’altro canto, per stessa ammissione di Bergman, l’ispirazione del film nacque ben prima della Seconda guerra mondiale, quando era bambino e seguiva il padre, un pastore luterano, mentre girava per i paesini nei dintorni di Stoccolma per predicare in chiese in cui la morte compariva spesso nelle vetrate e nei dipinti medievali.






Monty Python e il sacro Graal

Re Artù secondo lo humour inglese

Dopo un film serissimo come quello di Ingmar Bergman, cambiamo completamente tono con Monty Python e il sacro Graal, pellicola del 1975 che segnò l’esordio cinematografico del gruppo comico inglese con una storia vera e propria. Ambientato nell’anno 932, il film (che è e resta , si badi bene, una grandissima puttanata) vede il leggendario re Artù andare a scovare nobili cavalieri in giro per l’Inghilterra e, ricevuto un messaggio direttamente da Dio, imbarcarsi nella ricerca del sacro Graal, tra peripezie e vicissitudini comiche tutte giocate sul gusto per ilnonsense tipico anche della trasmissione televisiva Flying Circus che i Monty Python stavano girando proprio in quegli anni.

Scritto da tutto il gruppo al gran completo (Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin) ma diretto solo da Gilliam e Jones, il film in Italia ha avuto una storia molto travagliata: importato nel maggio del 1976 col titolo di Monty Python, fu doppiato dalla compagnia del Bagaglino, che proprio in quegli anni stava iniziando a comparire in tv e al cinema; il doppiaggio, però, non fu per nulla fedele, tanto che molte battute furono cambiate in modo da contenere riferimenti volgari secondo la moda un po’ boccaccesca del periodo e che le parlate dei vari personaggi vennero spesso “regionalizzate”, cioè pronunciate alla toscana, alla romana e così via, forzando in maniera a volte anche pesante l’originale britannico.

Mentre altri lavori dei Monty Python che avevano subito analoga sorte furono ridoppiati per la loro uscita in DVD, questo film purtroppo non ha mai avuto questa fortuna e quindi la grande fama – di cui gode all’estero – in Italia risulta ancora oggi poco comprensibile. Ciononostante, anche sul web esistono versioni sottotitolate più fedeli, che permettono di cogliere l’originalità della pellicola. Guardate quelle

Per quanto riguarda i riferimenti al Medioevo, qui sia la comicità che l’alone leggendario esulano, ovviamente, dalla realtà storica; ciononostante il gruppo inglese si impegnò a dare una rappresentazione fedele dell’epoca, delle sue piaghe e soprattutto della sua sporcizia.


Il nome della rosa 

L’Apocalisse in un’abbazia del Trecento


Il film che dal libro fu tratto nel 1986, seppure inferiore al romanzo, è tutto sommato una buona riduzione, non potevamo quindi non inserirlo anche in questa cinquina: diretto da Jean-Jacques Annaud (con l’ausilio per sua fortuna di tre maestri italiani come Tonino Delli Colli alla fotografia, Dante Ferretti alla scenografia e Gabriella Pescucci ai costumi) e interpretato da Christian Slater, F. Murray Abraham, Ron Perlman e soprattutto da uno straordinario Sean Connery, il film fece incetta di premi in tutta Europa e fece registrare ottimi incassi.

Il film riesce a rendere piuttosto bene l’atmosfera millenaristica dell’epoca e nonostante il regista non si perde il simbolico passaggio dal Medioevo all'età Moderna. La trama generale è sostanzialmente la medesima del libro (anche se manca tutto l’apparato teorico fornito dalle discussioni di cui si rende protagonista Guglielmo di Baskerville): nel 1327, recatisi in un’abbazia del nord Italia per partecipare a un importante concilio, il francescano Guglielmo e il novizio Adso da Melk cominciano ad indagare su una serie di strani omicidi che sembrano inizialmente legati al libro dell’Apocalisse ma che poi si rivelano gravitare attorno all’importante biblioteca del convento ed ai suoi segreti gelosamente custoditi.


Le crociate – Kingdom of Heaven

Un cast stellare per preservare Gerusalemme dagli infedeli


Simile a Braveheart per la poca accuratezza storica coniugata però a grandiose scene di battaglia è anche Le crociate – Kingdom of Heaven, film prodotto e diretto nel 2005 da Ridley Scott dopo il successo, cinque anni prima, de Il gladiatore.

L’azione è qui concentrata nella Gerusalemme del XII secolo in cui le forze cristiane, divise al loro interno, si preparano ad una possibile guerra col feroce Saladino, che nel film viene però presentato come un sovrano giusto e addirittura riluttante allo scontro; mentre il sovrano, il lebbroso Baldovino IV (interpretato da un Edward Norton sempre nascosto da una maschera), muore giovane per la propria malattia, il compito di difendere le mura della città finisce nelle mani di Baliano di Ibelin (Orlando Bloom), giunto in Terra Santa per seguire il padre e per scappare da una condanna per omicidio e qui invaghitosi dell’affascinante principessa Sibilla (Eva Green), sorella proprio di Baldovino.

Forte di un cast stellare – oltre agli attori già citati, compaiono anche Jeremy Irons, Brendan Gleeson, Michael Sheen e Liam Neeson – e di una produzione che non ha certo badato a spese, il film non ha riscosso troppo successo negli Stati Uniti, dove i 47 milioni di dollari incassati hanno coperto solamente un terzo delle spese, ma invece è diventato un blockbuster all’estero, arrivando a un incasso complessivo di quasi 212 milioni di dollari.

La veridicità storica, come detto, è stata messa volutamente da parte fin dall’inizio: anche se i personaggi sono perlopiù tratti dalla storia e alcuni caratteri sono stati rispettati (Baldovino era effettivamente un buon condottiero che morì giovane), l’impianto generale è inventato e romanzato in modo da mostrare da una parte un nucleo di “buoni” e dall’altra di “cattivi” che rendessero più facile catalizzare le simpatie del pubblico; ciononostante, l’idea della Terra Santa da conquistare e preservare dagli infedeli – un leitmotiv di tutto il basso Medioevo – che si mescola con la fame di gloria, di potere e di vita eterna è ben rappresentato dal film, che fornisce uno spaccato spettacolare ma in fondo piuttosto realistico di quella fase storica.

domenica 10 maggio 2015

Verso le prove INVALSI

Allenatevi per domani prove facendo questa.

Poi verificate come è andata,buon divertimento!

venerdì 8 maggio 2015

L'entrata della primavera: A l'entrada del tens clar e Kalenda Maya

Premettiamo un sentito grazie alla V F del Liceo Scientifico "P. Paleocapa" di Rovigo che nel proprio sito Bacheca di classe ha messo a disposizione di tutti un bellissimo lavoro di classe intitolato Musica nel Medioevo da cui abbiamo estratti i testi e le traduzioni delle poesie che ci studiamo oggi.


A l’entrada del tens clar è una ballata trobadorica anonima del XII-XIII secolo in cui si festeggia cantando e ballando l'arrivo della primavera (dei “giorni chiari”). La primavera è allegoricamente raffigurata da una regina che, allontanando un decrepito re geloso e risentito (l’inverno), invita i giovani a ballare nella danza rinnovatrice della vita.




A l’entrada del temps clar, eya
Per jòia recomençar, eya
E per jelós inritar, eya
Vòl la regina mostrar
Qu’el’es si amorosa
A la vi’, a la via, jelós,
Laissatz nos, laissatz nos
Balar entre nos, entre nos.

El’ a fait pertot mandar, eya
Non sia jusqu’à la mar, eya
Piucela ni bachalar, eya
Que tuit non vengan dançar
En la dansa joiosa.
A la vi’, a la via, jelós,
Laissatz nos, laissatz nos
Balar entre nos, entre nos.

Lo reis i ven d’autra part, eya
Per la dança destorbar, eya
Que el es en cremetar, eya
Que òm no li vòlh emblar
La regin’ aurilhosa.
A la vi’, a la via, jelós,
Laissatz nos, laissatz nos
Balar entre nos, entre nos.

Mais per nïent lo vòl far, eya
Qu’ela n’a sonh de vielhart, eya
Mais d’un leugièr bachalar, eya
Qui ben sapcha solaçar
La dòmna saborosa.
 A la vi’, a la via, jelós,
Laissatz nos, laissatz nos
Balar entre nos, entre nos.

Qui donc la vezés dançar, eya
E son gent còrs deportar, eya
Ben pògra dir de vertat, eya
Qu’el mont non aja sa par
La regina joiosa.
A la vi’, a la via, jelós,
Laissatz nos, laissatz nos
Balar entre nos, entre nos.
Al sopraggiungere dei giorni chiari, eya
Per rinnovare la gioia, eya
E far arrabbiare i gelosi, eya
La regina vuole mostrare
che lei è così amorosa.
Andate via, andate via, gelosi,
lasciateci, lasciateci,
ballare tra di noi, tra di noi.

Ha fatto mandare messaggi ovunque, eya
Che fino al mare, eya
Non ci sia ragazzo o ragazza, eya
Che non venga a ballare
la danza gioiosa
Andate via, andate via, gelosi,
lasciateci, lasciateci,
ballare tra di noi, tra di noi.

Il re viene, eya
Per disturbare la danza, eya
Perché è preoccupato, eya
Che qualcuno gli voglia rubare
la primaverile regina.
Andate via, andate via, gelosi,
lasciateci, lasciateci,
ballare tra di noi, tra di noi.

Ma lei non glielo permetterà, eya
Perché lei non ha bisogno d'un vecchio, eya
Ma di un grazioso giovane, eya
Che sappia ben intrattenere
la donna squisita.
Andate via, andate via, gelosi,
lasciateci, lasciateci,
ballare tra di noi, tra di noi

Chi la vedrà danzare, eya
E muovere i suoi armoniosi fianchi, eya
Potrà ben dire in verità, eya
Che il mondo non ha niente di paragonabile
alla regina gioiosa.
Andate via, andate via, gelosi,
lasciateci, lasciateci,
ballare tra di noi, tra di noi



KALENDA MAYA – RIMBAUT DE VAQUEIRAS
Dedicata alla festa popolare che celebra il ritorno della primavera, Kalenda Maya è scritta in lingua d'oc, parlata nel XII secolo nella Francia del sud, la Provenza









1
Calendimaggio né foglie di faggio
né canti di uccelli, né fiori di gladiolo
mi sono graditi,
4
Proverei difficilmente gioia
se mi separassi da voi
mio Bel Cavaliere, nella disperazione,
da quando non si rivolge da nessun altra parte
il mio cuore né mi lascia andare via
il mio desiderio, perché non desidera altro.
I lusinghieri, lo so, sarebbero soddisfatti,
mia donna, altrimenti non troverebbero pace.
1.2
o nobile e felice signora,
finché io non abbia un rapido messaggero
della vostra bella persona a raccontarmi
nuovi piaceri porteranno Amore
e gioia;
2
e mi reco da voi, vera donna,
e lasciatemi schiacciare e colpire
il geloso, prima che io parta da qui. Mia bella amica per Dio non sia
che uno fuori per la gelosia mi derida a mio danno otterrebbe caro prezzo
per la sua gelosia
se ci fosse come da separare due amanti;
da allora non sarei mai felice un'altra volta
né conoscerei felicità senza di voi
prenderei una strada tale
da non essere mai visto da uomini ancora;
quel giorno in cui ti perdo
morirò, donna coraggiosa.
5
Un uomo tale vedrebbe
ascolterebbe
la mia disavventura, che sarebbe indetta per voi per questo
perché lui vi guarda
e considera
nella sua presunzione, per cui il mio cuore sospira. Così gentilmente fiorisce
splendendo sopra a tutto,
nobile Beatrice, e così gentilmente cresce la vostra virtù;
secondo me
la vostra signoria è adornata con ricco
e giusto discorso, senza dubbio.
3
Come potrei perdere
o ritrovare una donna,
prima di averla avuta?
nè un uomo nè un amante
è così solo per immaginazione;
ma quando un corteggiatore si trasforma in amante
grande è l'onore che ha accumulato,
tale è la fama prodotta da un dolce sguardo;
nuda non vi ho ancora tenuta
mai, nè altri ti hanno vinto;
vi ho
desiderata obbedita,senza alcun premio
6
Voi siete la fonte di graziose gesta;
sapienza, grazia
avete,con conoscenza;
virtù impossibile da contraddire
voi vestite con gentilezza Graziosa donna,
 ognuno prega e proclama
la vostra virtù, che dà un tale piacere;
e colui che ti dimentica,
giudica poca cosa la vita
e così io vi adoro, distinta donna;
da quando vi ho scelto come la gentilissima
e la migliore, virtuosa signora,
vi ho blandita
e servita
voi più gentilmente di quanto
Eric fece con Enide.
Ho composto





lunedì 27 aprile 2015

Carlo Goldoni: Memoires

Sul soggiorno a Pavia

Nella sua autobiografia, Carlo Goldoni, che fu certamente il più illustre alunno del Ghislieri nei primi due secoli della sua storia, rievoca con una prosa divertita e brillante gli anni trascorsi a Pavia (1723-1725).
Goldoni non completò gli studi in tale sede, in quanto venne espulso dal Collegio e costretto a lasciare precipitosamente la città sulle sponde del Ticino, per aver composto una satira oltraggiosa nei confronti di fanciulle pavesi.

"In questo Collegio eravamo ben nutriti e alloggiati benissimo, avevamo la libertà di uscire per andare all’Università e noi andavamo dappertutto. L’ordine era di uscire a due a due e di rientrare allo stesso modo, ma noi ci lasciavamo alla prima svolta di strada dandoci appuntamento per rientrare. Anche se rientravamo soli, il portiere intascava la mancia e non ne faceva parola (…)"


Goldoni non ebbe in vita il ricnoscimento che meritava. nemmeno subito dopo la morte. Ci vollero duecento anni. queste le critiche che gli muoveva Carlo Gozzi

"espose sul teatro tutte quelle verità che gli si parano dinanzi, ricopiate materialmente e trivialmente, e non imitate dalla natura, né coll'eleganza necessaria ad uno scrittore";
"non seppe, o non volle, separare le verità, che si devono, da quelle che non si devono porre in vista sopra un teatro; ma si è regolato con quel solo principio, che la verità piace sempre";
Le commedie di Goldoni "odorano per lo più di pernicioso costume. La lascia e il vizio gareggiano in esse colla modestia e colla virtù, e bene spesso queste due ultime sono vinte da' primi";
"ha fatto sovente de' veri nobili lo specchio dell'iniquità e il ridicolo; e della vera plebe l'esempio della virtù e il serio in confronto, in parecchie delle sue commedie";
Goldoni ha realizzato una scaltra operazione di avvicinamento alla plebe: "io sospetto (e forse troppo maliziosamente) ch'egli abbia ciò fatto per guadagnarsi l'animo del minuto popolo, sempre sdegnoso col necessario giogo della subordinazione";
Quanto allo stile: "Moltissime delle sue commedie non sono che un ammasso di scene, le quali contengono delle verità, ma delle verità tanto vili, goffe e fangose, che quantunque abbiano divertito anche me medesimo, animate dagli attori, non seppi giammai accomodare nella mia mente che uno scrittore dovesse umiliarsi a ricopiarle nelle più basse pozzanghere del volgo, né come potesse aver l'ardire d'innalzarle alla decorazione d'un teatro, e soprattutto come potesse aver fronte di porre alle stampe per esemplari delle vere pidoccherie";
Un'ultima accusa riguarda il fatto che Goldoni ricavi da vivere dal suo stesso mestiere di autore teatrale.

Si evince quindi che Gozzi comprese fino in fondo:
L'assoluta novità del teatro di Goldoni e della sua figura di intellettuale
Il carattere decisamente realistico del teatro goldoniano
La pericolosità "pedagogica" (e quindi politica) di fare del realismo in scena
La pericolosità politica ed ideologica di esaltare la plebe e ridicolizzare la nobiltà
La felice, ma pericolosa, combinazione di efficacia artistica e realismo

Per circa due secoli la stroncatura di Carlo Gozzi rappresentò paradossalmente, con la sua doppia lettura positivo-negativo, l'interpretazione più lucida del cuore dell'operazione teatrale goldoniana.

Eravamo ben abbigliati; con la stessa eleganza degli abati che frequentano l’alta società. Panno d’Inghilterra, seta di Francia, ricami, pizzi, con una specie di toga senza maniche sul vestito e una stola di velluto attaccata alla spalla sinistra, con l’arme dei Ghislieri ricamata in oro e argento, sormontata dalla tiara pontificia e dalle chiavi di san Pietro (…)




Questo Collegio non era, come vedi, una comunità di fanciulli: vi si faceva precisamente tutto ciò che si voleva, molte distrazioni all’interno e molta libertà all’esterno.




Là appresi la scherma, la danza, la musica, il disegno; e là appresi pure tutti i giochi possibili di società e d’azzardo. Questi ultimi erano proibiti, ma non per questo si giocavano meno (…)




A Pavia i Collegiali sono considerati dai cittadini come gli ufficiali nelle guarnigioni: gli uomini li detestano, ma le donne li ricevono (…)







venerdì 17 aprile 2015

Bertrans de Born - Commedia Canto XXVIII



Bertram dal Bornio. - Trovatore, signore di Altaforte; 

Nel De vulgari eloquentia Dante spiega solo tre argomenti possono essere oggetto dell'alta  poesia, e corrispondono alle tre finalità dell'anima dell'uomo (che è l'unica creatura dotata di una triplice anima: vegetativa, animale, razionale)
Dante ricorda Berteram come il sommo "poeta delle armi", uno dei suddetti tre argomenti; gli altri due sono l'amore - che è l'oggetto della grande poesia di Arnault Daniel - e la "rettitudine", che è l'oggetto della poesia morale di Giraut de Bornelh. 

Dante ci tiene a sottolineare che se nella lingua del sì grandi scrittori hanno parlato di amore e rettitudine (pensa rispettivamente a Cino da Pistoia e all'amico di Cino, che po sarebbe lui stesso) in verità nessun italiano è riuscito ad eccellere come poeta delle armi in ciò Bertrando è stato insuperabile
Ma allora che ci fa Bertrando con quella  testa in mano sul fondo dell'Inferno in mezzo a mostri orribilmente mutilati?


Le poesie di Bertram hanno la stessa struttura delle poesie trobadoriche, ma esaltano la guerra, non l'amore, i senhal nascondono nomi di principi, non delle signore.
L'animo del poeta vibra quando, finalmente, Riccardo Cuor di Leone (che lui chiamava il signor SI e NO) muove guerra a Filippo II Augusto re di Francia (1194):

la guerra è celebrata come la sola  che  consente l'esercizio della maggiore delle virtù cavalleresche: la ‛prodezza '. La guerra  celebra la cavalleria, che sta disfacendosi per il vittorioso affermarsi della nuova società borghese, mercantile.
Bertrand celebra il rischio e la ‛prova' che può condurre alla morte, sentita come liberazione da una vita misera e oscura. La guerra, d'altra parte, è vista e sentita come spettacolo, affascinante e tremendo, pieno di luci e di colori, grandioso e solenne, luminoso e tragico, nella cui contemplazione l'animo del cavaliere si appaga

Ma contro B. sta la terribile condanna di lf XXVIII 118-142. che conferma le indicazioni dei biografi: "Sempre volle che avessero guerra insieme il padre e il figlio e il fratello, l'uno con l'altro"

E poiché Bertrand ha diviso persone così strettamente congiunte, ha per l'eternità il capo diviso dal principio del busto: spietata applicazione della legge implacabile del contrapasso,


Il canto XXVIII - Enciclopedia Dantesca

Visione della IX Bolgia dell'VIII Cerchio (Malebolge), in cui sono puniti i seminatori di discordie. Incontro con Maometto, che indica Alì e predice la morte di fra Dolcino.


Visione della IX Bolgia (1-21)

Di fronte allo spettacolo orribile della IX Bolgia dell'VIII Cerchio, in cui sono puniti i seminatori di discordie, Dante dichiara che nessuno potrebbe rappresentare il sangue e le piaghe che lui ha visto e che ogni linguaggio sarebbe insufficiente. Se anche si radunassero tutti i caduti in battaglia dell'Italia meridionale nelle guerre di Roma, in quelle dei Normanni e nelle guerre scatenate dagli Angioini (incluse le battaglie di Benevento e Tagliacozzo), la visione delle membra trafitte e amputate sarebbe poca cosa rispetto a ciò cui ha assistito in quel luogo di tormento.

Maometto (22-42) (un dannato che avanza ed è tagliato dal mento sino all'ano, proprio come una botte che ha perso le doghe del fondo: le interiora gli pendono tra le gambe e sono visibili il cuore e lo stomaco)

Profezia su fra Dolcino (43-63)

Pier da Medicina (64-90)
Si avvicina un altro dannato con la gola squarciata, il naso mozzato e un solo orecchio, che dopo aver osservato Dante emette la voce attraverso la ferita nel collo: si rivolge al poeta dicendo di averlo conosciuto in Terra e si presenta come Pier da Medicina,

Presentazione di Curione (91-102)
Pier da Medicina,afferra un compagno di pena per la mascella e gli apre la bocca, mostrando che la lingua gli è stata mozzata. È Curione,

Mosca dei Lamberti (103-111)
Si avvicina un altro dannato, che alza i moncherini delle mani mozzate da cui il sangue ricade sul volto, presentandosi come Mosca dei Lamberti:

Bertram del Bornio (112-142)


Dante resta a guardare i dannati e assiste a uno spettacolo che avrebbe timore a riferire, perché potrebbe non essere creduto: lo conforta la sua buona fede e la coscienza di aver visto coi propri occhi. Il poeta infatti osserva un dannato che avanza privo della testa, che tiene in mano per i capelli come fosse una lanterna, che guarda i due poeti e si lamenta. Sembra due individui e uno al tempo stesso, cosa comprensibile solo a Dio che rende possibile ciò. Quando il dannato giunge sotto il ponte dove sono i due poeti, alza il braccio con la testa e rivolge loro alcune parole: dice a Dante di osservare la sua pena, maggiore di qualunque altra, e si presenta come Bertram del Bornio, che seminò discordia tra il re d'Inghilterra Enrico II e il figlio, il re giovane Enrico III. La sua azione è paragonabile a quella di Achitofel con Assalonne, figlio del re David, e dal momento che egli ha diviso persone così unite ora procede col capo separato dal corpo. Il dannato invita quindi Dante a osservare in lui la pena del contrappasso.




sabato 11 aprile 2015

La lirica cortese in Europa

La produzione dei trovatori era costituita prevalentemente da liriche d'amore, in forma di piccoli poemi strofici costituiti da alcune stanze e chiusi da una mezza strofa.
Le forme trovadoriche prevalenti erano l'alba, sul tema degli amori illegittimi vegliati dal fedele compagno dell'amante e la pastorella, sul tema dell'amore agreste.
Si incontrano poi il planh o lamento d'amore, il sirventese, di carattere sociale, morale o satirico, e ilpartimen o tenzone, in cui s'immaginava di discorrere d'amore con un interlocutore. Fra i trovieri prevalse la poesia di argomento eroico e cavalleresco, fra cui la ballata, il jeu parti, il lai.
Uno dei temi privilegiati era costituito dalle Crociate, con molti lai per la caduta di Gerusalemme. Spesso si trovavano nei testi le echi di tutte le umane passioni , le paure, i dolori che la guerra porta con sé. Si narravano vittorie e sconfitte, piaghe e miserie in termini crudi e realistici.
A volte, attraverso queste musiche, le nobili castellane deponevano il loro altezzoso atteggiamento e si abbandonavano al pianto sconsolato, gli impavidi cavalieri confessavano le loro paure e la santa e nobile impresa si colorava dei toni foschi e crudeli della guerra.
A rendere più interessante lo strumento è la possibilità di far suonare più corde assieme, trovando in un solo esecutore elementi polifonici impossibili al singolo cantore medievale: la tecnica cioè del bordone, della corda d'accompagnamento della melodia.
L'avvento del ponticello curvo è progressivamente testimoniato, da un punto di vista iconografico, dal definirsi e dall'accentuarsi dei fianchi rientranti nella parte centrale del corpo dello strumento che pare subire un'evoluzione simbolica che da forma ovale (embrionale) diviene complessa, quasi umana non può essere considerata casuale la successiva definizione di "fianchi" per le parti laterali dello strumento. Francesco da Barberino, agli inizi del Trecento distingue, fra gli strumenti di sua conoscenza, quelli adatti o meno per essere usati dai gentiluomini.
Tra le varie famiglie strumentali solo quella delle corde risulta essere adeguata e in particolare adeguati sono la viella, il salterio e l'arpa, mentre citola e ribeca sono invece specifici dei musici di professione. La viella è poi il primo tra gli strumenti appropriati per le giovani dame di ceto elevato


La corte di Eleonora d'Aquitania

per approfondire vi invito a leggere un interessante articolo su Eleonora d'Aquitania: Rendez-vous à Poitiers (Fausta Samaritani, repubblicaletteraria.it, 2001)

"Per la saison di primavera, fra Pentecoste e il giorno di S. Giovanni, si davano convegno da Eleonora i rampolli delle due case regnanti rivali che erano suoi figli o suoi figliastri: Margherita di Francia e sua sorella Alais, Costanza di Bretagna, Alice contessa di Blois, Eleonora regina di Castiglia, Giovanna regina di Sicilia, Riccardo Cuor di Leone e suo fratello Giovanni Senzaterra. Al loro seguito si recavano a Poitiers i giovani discendenti delle famiglie nobiliari di tutta Europa...."

La componente musicale (da homolaicus.com)
Se si pensa ad uno strumento che possa in sé incarnare la musica trobadorica questo è la viella. In Europa non si hanno testimonianze di strumenti ad arco prima del X secolo, ma da qui in poi vengono soppiantando, nella pratica e nell'iconografia, strumenti più antichi e illustri, legati a immagini sacre o mitiche, a funzioni sociali e religiose.
Nel XIII secolo Gerolamo di Moravia in appendice al suo Tractatus de Musica, attesta che gli strumenti ad arco in uso in Europa erano due: la ribeca (derivata dal rabab) e la viella (sviluppata autonomamente).
La viella con la sua posizione a spalla, quasi alla ricerca di un avvicinamento e di una identificazione spaziale con il luogo naturale di emissione sonora, si avvicina anche fisicamente al luogo fisico da cui proviene il canto, divenendo anche, nell'immagine, strumento vicino alla voce. Ma il semplice accarezzamento delle corde libere non basterebbe da solo a fare della viella lo strumento più importante del medioevo. Limitando la sua gamma a solo cinque note, tante sono le corde che generalmente monta, risulterebbe essere uno strumento dal suono interessante ma estremamente limitato.
Risulta necessario quindi un allargamento della gamma ricorrendo, ad imitazione dei liuti e delle citole, alla tastatura delle corde, cioè al progressivo e preciso raccorciamento della loro parte vibrante ad opera delle dita, al fine di ottenere una gamma di suoni abbastanza ampia da poter sostenere interamente l'estensione melodica delle composizioni trobadoriche di cui diventa da subito elemento integrante, come d'altronde si può constatare nella ricca iconografia dell'epoca.
Dapprima la tastatura avviene lateralmente con le unghie, nel modo ancor oggi utilizzato nel mondo arabo, successivamente dall'alto, mediante i polpastrelli, forse allo scopo di rendere più agevole la tastatura contemporanea di più corde.

venerdì 10 aprile 2015

La Chanson de Roland per punti chiave

LE CHANSON DE GESTE
Le Chanson de Geste, furono scritte in lingua d'Oil a partire dall'XI secolo, raccontano imprese militari.
Esistono 3 grandi cicli: di Carlo, di Guglielmo d'Orange, dei vassalli ribelli.

LA CHANSON DE ROLAND
La Chanson de Roland è la più antica e la più famosa dell Chanson de Geste
291 lasse  assonanzate (da 5 a 35 versi)
decasillabo a cesura minore 4/6 o a maiore 6/4


INTRECCIO
I parte dall'incontro di Carlo con i 12 pari a Roncisvalle. E' la parte più famosa

II parte: dall'arrivo dei rinforzi di Marsilio al duello finale Carlo vs. Baligante. E' la parte più "crociata"
La morte di Roland divide l'intreccio in due.

LA STORIA DIETRO LA STORIA

Gli Annales ufficiali (Annales laureshamenses  e mettenses) non dicono nulla di Roncisvalle e sono molto sommari con la spedizione in Spagna. Solo gli Annales Pseudo eginardiani e la Vita Karoli raccontano che i Baschi inflissero gravi perdite a Roncisvalle e che vi morirono Eggiardo il Siniscalco, il conte Anselmo e Rolando conte di Bretagna. Del primo abbiamo la lapide che conferma le parole di Eginardo e ci dà la data precisa dell'agguato 15 agosto 778. Il peggior ferragosto della storia!
Visto che riguardo a Eggiardo gli Annales non mentono, perché non dovrebbero dire la verità su Roland di Bretagna? Tenete presente che 
- entrambe le opere sono precedenti al manoscritto Digby.
- nelle CdG non si citano né Eggiardo né Anselmo.
In compenso a Roncisvalle c'è la roccia su cui fu spezzata Durendal, A Bordeaux c'è l'Olifante, a Blay le tombe dei paladini




QUI EST TUROLDUS?
Dipende dal significato che diamo a Geste_________
e a Declinet (trascrive, amplia poeticamente, termina?)
Il nome è latino, sarà stato un chierico?
Sarà stato il fratello di quel Guglielmo il Conquistatore che combattè ad Hastings e morì nel 1098?
Nel De gestis Regum Anglorum di Guglielmo di Malmensbury, relativamente ad Hastings si racconta:
"fu cantata una canzone di Rolando affinchè le gesta del del famoso eroe accendessero coloro che stavano per combattere". Altre cronache parlano più genericamente di bardi

PERCHE' 3 SECOLI DOPO? Le 4 teorie
Romantica: cantilene popolari germinate spontaneamente da quel 15 agosto 778
Individualista: nata nel XI dall'incontro dei monaci che conservavano la memoria dei fatti e i poeti in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela.
Origini classiche (decaduta): L'epica in Latino era ancora praticata. Alla corte di Carlo operava Angilberto, presso il figlio Ludovico Ermoldo Nigello. La CdR no potrebbe essere il volgarizzamento di un perduto originale latino?
Neotradizionalista: Sintesi e scrittura di varie opere di una tradizione Orale. Simile alla teoria Romantica, ma su basi documentali



venerdì 27 marzo 2015

Lavori di gruppo di poesia

Gruppo 1                             Romeo e Giulietta e i loro predecessori
                                            Piramo e Tisbe - Boccaccio IV,7  Boccaccio IV,9- Prokoviev

Gruppo 2                             Labirinti
                                            Borges - El Laberinto (Labirinto), La casa di Asterione, La biblioteca di Babele

Gruppo 3                             Artu in Italia
                                            Artu in Toscana - La tavola Rotonda - Il detto del Gatto Lupesco

Gruppo 4                             I Leoni
                                            Il Leone come simbolo e come allegoria - Fisiologo -
                                            Bestiario moralizzato di Gubbio

Gruppo 5                             I miei mari

Gruppo 6                             Il silenzio? La Guerra?


Auguro a tutti un buon lavoro e una buona Pasqua. Per contattarmi usate il gruppo facebook della Città delle frottole.

domenica 22 marzo 2015

La nuova sensibilità romantica

ALLA SERA

Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'immago a me sí cara vieni,
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.







Turner, Friederich e Chopin  [p.191 e ss.]




Chopin, Nocturne 17 in B Major, Op 62, No. 1 - Lympany Rec 1961


Del classico tipo ABA’, la prima sezione è costituita da due temi facenti largo uso del contrappunto. Essa è divisa in tre parti: un tema principale inframmezzato da un secondo ed una riproposizione del primo con qualche variante. Singolare il fatto che il tema principale sia arricchito con una serie di trilli durante la seconda esposizione
La parte centrale si può considerare un’unica melodia di stile cantabile: essa viene proposta una prima volta e poi ripetuta. Successivamente, partendo da un ornamento, lamelodia scende per circa due ottave secondo una scala che si risolve in un arpeggio. Infine, sempre con l’ausilio di abbellimenti, si arriva alla Coda.



Teatro Antico

Noi studiamo questo teatro in funzione della Letteratura latina, quindi possiamo evitare di addentrarci nei dettagli, tuttavia è bene sapere che ci sono quattro ipotesi sulla nascita della tragedia greca: 1) sviluppo naturale dalle forme preeesistenti alla drammaturgia, quindi dall'Epica alla Lirica, prima monodica e poi corale. 2) Ipotesi Dionisiaca. 3) Ipotesi Eroica 4) Ipotesi Misterica. Aristotele racconta che la tragedia derivava dal Ditirambo, un inno eroico che divenne un canto corale in onore del dio Dioniso. 
Fu Tespi, nel VI secolo a.C, a inventare la drammatizzazione e la distinzione tra il coro (gli amici dell'eroe) e l'attore (l'eroe).

Il Teatro















Attori e maschere


Tutti i ruoli erano interpretati da uomini adulti. Nelle tragedie a noi note, gli attori sono sempre due o tre, ognuno dei quali interpreta uno o più ruoli. Poteva anche capitare che un personaggio venisse interpretato da più attori a turno

Gli attori portavano una maschera, generalmente in tessuto o intagliata nel legno, che copriva il viso e gran parte della testa, compresi i capelli, mentre erano libere le aperture per gli occhi e la bocca. Le maschere variavano per l'interpretazione di ruoli diversi ricoperti dallo stesso attore e per la percezione delle emozioni espresse sul volto. La dotazione era completata da un costume ornato e dagli attributi del personaggio (lo scettro del re, la spada del guerriero ecc).

Coro

Una delle caratteristiche principali della tragedia è la distinzione, nata dal ditirambo, tra i personaggi interpretati da attori ed il coro, Formato daI coreuti (originariamente dodici, in seguito portati a quindici) che cantavano e danzavano guidati dal corifeo.
Il coro, in effetti, rappresenta un personaggio collettivo, che partecipa alla vicenda tanto quanto gli attori stessi. Nelle Eumenidi di Eschilo il coro è formato dalle terribili Erinni (che perseguitano Oreste per l'omicidio della madre), nelle Baccanti di Euripide sono invece in scena le seguaci di ioniso, nelle Trachinie, che abbiamo visto l'anno scorso, le donne di Trachis.
Le parti scritte per gli attori sono in trimetri giambici e prive di accompagnamento musicale, quelle del coro sono cantate in metri lirici e accompagnate dalla musica dell'aulos.

La rappresentazione


Era strutturata secondo uno schema rigido, costituito da: 
- prologo (da prò e logos, discorso preliminare),
- parodo, che consiste nell'entrata in scena del coro
episodi (epeisòdia) in genere tre, nei quali si sviluppa l'azione scenica vera e propria
- stasimi, intermezzi che separano gli episodi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena.
- esodo (èxodos), o conclusione.


I nuovi spettacoli venivano rappresentati in particolari momenti dell'anno durante le feste religiose dedicate al dio Dioniso. Nell'Attica tre erano gli appuntamenti principali:




Il teatro di Dioniso ad Atene 
aveva una capienza di oltre 15.000 spettatori

Le grandi Dionisie (Marzo)

Durante le Dionisie si svolgeva una gara fra tre autori ognuno dei quali doveva presentare una tetralogia composta di tre tragedie e un dramma satiresco; ogni tetralogia veniva recitata nello stesso giorno a partire dal mattino fino al pomeriggio inoltrato, così che le rappresentazioni tragiche duravano tre giorni, Il quarto giorno era dedicato alla messa in scena di cinque commedie, che costituivano una competizione separata, riservata alle opere comiche. Alla fine dei tre giorni di gara si attribuiva un premio al miglior autore, al miglior attore e al miglior coro.

Le Lenee (Gennaio)

Anche qui le rappresentazioni avvenivano al teatro di Dioniso, ma il pubblico era esclusivamente ateniese, a causa delle condizioni climatiche invernali, avverse ai viaggi. Inizialmente alle Lenee si rappresentavano cinque commedie, poi, nel tardo V secolo, si cominciò a rappresentare anche tragedie: due autori presentavano due tragedie a testa.

Le Dionisie rurali

Erano feste che si svolgevano in inverno nei demi intorno ad Atene. Al loro interno, si facevano rappresentazioni teatrali di importanza minore. Recandosi nei vari demi, un appassionato poteva assistere a numerose rappresentazioni l'anno precedente.

Eroine:

Antigone




Elettra




venerdì 20 marzo 2015

laboratorio di poesia



TUTTE LE TEMATICHE  https://www.dropbox.com/sh/dbe0wt6hb1zft8e/AADPZeTXP5LqTwAyLutbi7wta?dl=0




lunedì 9 marzo 2015

Compiti IIESu

Fa' l'analisi logica delle seguenti frasi e trasforma il complemento indiretto nella corrispondente complementare diretta:

  1. mi piace l'idea di una vacanza
  2. le zanzare sono fastidiose dopo il tramonto
  3. va' da tua nonna
  4. mi comporterò secondo i tuoi desideri
  5. hai giocato meglio di me
  6. porterò dei cioccolatini invece che delle rose
  7. le spiegherete con uno schema
  8. è decisamente il più forte in salita
  9. andrò all'allenamento nonostante la pioggia
  10. è cosi simpatica che tutti la vorrebbero prendere a calci
e se sei stata in gita a Rimini lascia il tuo commento nella bacheca padlet:



sabato 21 febbraio 2015

Il Medioevo: La visione magico-allegorica del mondo

Questi sono i testi dei sonetti tratti dal Bestiario Moralizzato di Gubbio che abbiamo visionato in classe e che avete iniziato ad analizzare. Il termine di consegna è della vostra analisi è la prossima lezione di letteratura Italiane di sabato. Buon lavoro.
Vi ricordo che i bestiari, nel medioevo erano libri "scientifici" nei quali si raccoglievano brevi descrizioni di animali (ma anche erbe e pietre), spesso senza alcuna distinzione tra animali reali ed immaginari. Alla parte scientifica si accompagnavano spiegazioni teologiche che illustravano ai lettori quale fosse l'insegnamento morale che Dio aveva voluto "aggiungere" all'atto della creazione dell'animale. (Gli uomini del Medioevo non avevano nessun dubbio che l'Universo era stato creato in funzione dell'Uomo e della sua Salvezza, per cui erano allenati a riconoscere le tracce del Disegno Divino in ogni creatura dell'Universo. Per esempio, il pellicano, che si riteneva desse da mangiare ai piccoli la carne del proprio petto, è segno in terra di Cristo-Eucarestia)

Il primo di questi testi è il Physiologus (il fisiologo, cioè lo studioso della natura), scritto in greco intorno al IV secolo e presto tradotto anche in latino, arricchito e rielaborato. Il Bestiario moralizzato di Gubbio è una "traduzione" popolare in antico volgare del Fisiologo, come dimostra la scelta della lingua volgare e la forma del sonetto.

Vi ricordo, in conclusione, che il fine di questo come di altri testi affini era l'interpretazione degli animali e delle loro caratteristiche in chiave simbolica e religiosa, per cui l'autore non si è fatto scrupolo di scrivere, nella parte scientifica, vere e proprie panzane (come quella del pellicano!) pur di trasmettere il senso morale


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