La produzione dei trovatori era costituita prevalentemente da liriche d'amore, in forma di piccoli poemi strofici costituiti da alcune stanze e chiusi da una mezza strofa.
Le forme trovadoriche prevalenti erano l'alba, sul tema degli amori illegittimi vegliati dal fedele compagno dell'amante e la pastorella, sul tema dell'amore agreste.
Si incontrano poi il planh o lamento d'amore, il sirventese, di carattere sociale, morale o satirico, e ilpartimen o tenzone, in cui s'immaginava di discorrere d'amore con un interlocutore. Fra i trovieri prevalse la poesia di argomento eroico e cavalleresco, fra cui la ballata, il jeu parti, il lai.
Uno dei temi privilegiati era costituito dalle Crociate, con molti lai per la caduta di Gerusalemme. Spesso si trovavano nei testi le echi di tutte le umane passioni , le paure, i dolori che la guerra porta con sé. Si narravano vittorie e sconfitte, piaghe e miserie in termini crudi e realistici.
A volte, attraverso queste musiche, le nobili castellane deponevano il loro altezzoso atteggiamento e si abbandonavano al pianto sconsolato, gli impavidi cavalieri confessavano le loro paure e la santa e nobile impresa si colorava dei toni foschi e crudeli della guerra.
A rendere più interessante lo strumento è la possibilità di far suonare più corde assieme, trovando in un solo esecutore elementi polifonici impossibili al singolo cantore medievale: la tecnica cioè del bordone, della corda d'accompagnamento della melodia.
L'avvento del ponticello curvo è progressivamente testimoniato, da un punto di vista iconografico, dal definirsi e dall'accentuarsi dei fianchi rientranti nella parte centrale del corpo dello strumento che pare subire un'evoluzione simbolica che da forma ovale (embrionale) diviene complessa, quasi umana non può essere considerata casuale la successiva definizione di "fianchi" per le parti laterali dello strumento. Francesco da Barberino, agli inizi del Trecento distingue, fra gli strumenti di sua conoscenza, quelli adatti o meno per essere usati dai gentiluomini.
Tra le varie famiglie strumentali solo quella delle corde risulta essere adeguata e in particolare adeguati sono la viella, il salterio e l'arpa, mentre citola e ribeca sono invece specifici dei musici di professione. La viella è poi il primo tra gli strumenti appropriati per le giovani dame di ceto elevato
La corte di Eleonora d'Aquitania
per approfondire vi invito a leggere un interessante articolo su Eleonora d'Aquitania: Rendez-vous à Poitiers (Fausta Samaritani, repubblicaletteraria.it, 2001)
"Per la saison di primavera, fra Pentecoste e il giorno di S. Giovanni, si davano convegno da Eleonora i rampolli delle due case regnanti rivali che erano suoi figli o suoi figliastri: Margherita di Francia e sua sorella Alais, Costanza di Bretagna, Alice contessa di Blois, Eleonora regina di Castiglia, Giovanna regina di Sicilia, Riccardo Cuor di Leone e suo fratello Giovanni Senzaterra. Al loro seguito si recavano a Poitiers i giovani discendenti delle famiglie nobiliari di tutta Europa...."
La componente musicale (da homolaicus.com)
Se si pensa ad uno strumento che possa in sé incarnare la musica trobadorica questo è la viella. In Europa non si hanno testimonianze di strumenti ad arco prima del X secolo, ma da qui in poi vengono soppiantando, nella pratica e nell'iconografia, strumenti più antichi e illustri, legati a immagini sacre o mitiche, a funzioni sociali e religiose.
Nel XIII secolo Gerolamo di Moravia in appendice al suo Tractatus de Musica, attesta che gli strumenti ad arco in uso in Europa erano due: la ribeca (derivata dal rabab) e la viella (sviluppata autonomamente).
La viella con la sua posizione a spalla, quasi alla ricerca di un avvicinamento e di una identificazione spaziale con il luogo naturale di emissione sonora, si avvicina anche fisicamente al luogo fisico da cui proviene il canto, divenendo anche, nell'immagine, strumento vicino alla voce. Ma il semplice accarezzamento delle corde libere non basterebbe da solo a fare della viella lo strumento più importante del medioevo. Limitando la sua gamma a solo cinque note, tante sono le corde che generalmente monta, risulterebbe essere uno strumento dal suono interessante ma estremamente limitato.
Risulta necessario quindi un allargamento della gamma ricorrendo, ad imitazione dei liuti e delle citole, alla tastatura delle corde, cioè al progressivo e preciso raccorciamento della loro parte vibrante ad opera delle dita, al fine di ottenere una gamma di suoni abbastanza ampia da poter sostenere interamente l'estensione melodica delle composizioni trobadoriche di cui diventa da subito elemento integrante, come d'altronde si può constatare nella ricca iconografia dell'epoca.
Dapprima la tastatura avviene lateralmente con le unghie, nel modo ancor oggi utilizzato nel mondo arabo, successivamente dall'alto, mediante i polpastrelli, forse allo scopo di rendere più agevole la tastatura contemporanea di più corde.
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