giovedì 15 dicembre 2011
Imparare a scrivere descrizioni
Leggetevi questo link al libro di Tiziano Scarpa
mercoledì 14 dicembre 2011
il vocabolario di latino.. come si usa
L'ideale sarebbe usarlo il meno possibile, quantomeno nella brutta copia, o tradizione di lavoro. Verbi e soggetti, se non siete sicuri del loro significato, cercateli, ma, per le parti meno essenziali delle frasi, potete rimandare la consultazione del vocabolario al momento della traduzione in bella.
http://www.dizionario-latino.com/
guardatevi questo video
http://www.youtube.com/watch?v=WYrS409Wzws&feature=player_embedded#!
se no sopportate l'insegnante, per un po' di teoria, visitate questo link
http://kappi.altervista.org/ITA/scuola/consigli/dizionariolatino.html
giovedì 1 dicembre 2011
venerdì 11 novembre 2011
Versione no.I
Se volete potete, controllare il testo della versione del compito in classe di oggi e correggervelo da soleguarda il compito in fullscreen
venerdì 17 giugno 2011
Compiti delle vacanze
Nessun rimandato di Storia in IIAp, nessun rimandato di Storia e Geografia in ICsu, avete tutto il tempo per passare delle vacanze intelligenti.
- Per gli studenti della IIAp:
per aiutarvi vi segnalo una lettura (obbligatoria) [aspettatevi una verifica anche il primo giorno di scuola]
Laura Mancinelli, IL PRINCIPE SCALZO, Einaudi, 1999.
- Per gli studenti della ICsu, nessun compito, avete già abbastanza versioni di latino.
Buone vacanze
- Per gli studenti della IIAp:
per aiutarvi vi segnalo una lettura (obbligatoria) [aspettatevi una verifica anche il primo giorno di scuola]
Laura Mancinelli, IL PRINCIPE SCALZO, Einaudi, 1999.
- Per gli studenti della ICsu, nessun compito, avete già abbastanza versioni di latino.
Buone vacanze
martedì 17 maggio 2011
Eccellenza vi domando
Il cosiddetto Codice Bavaro, ravennate ma conservato presso la Bayerische Staatesbibliothek di Monaco di Baviera, raccoglie, sotto forma di regesto di documenti databili all’incirca al periodo 610-978, i titoli di proprietà della Chiesa ravennate nei territori pentapolitani di Rimini, Senigallia, Osimo, Jesi, Gubbio, Perugia, Fossombrone, Urbino e Montefeltro
È l’Enfiteusi una forma di contratto in base alla quale il proprietario concede un proprio fondo a un altro soggetto che si impegna a pagare un canone fisso (pensio), a coltivare la terra e ad apportare migliorie (enfiteusi di bonifica o di miglioria). Il concessionario godeva di un diritto di godimento a lungo termine, di solito novantanove anni o tre generazioni. Dalle nostre parti, nell’ AME, la chiesa di Ravenna se ne servì abbondantemente, ma più che per motivi economici e per intessere legami politici (si parla, in questi casi, di enfiteusi graziosa): spesso i fundi erano affittati per cifre simboliche a gruppi parentali di origine germanica sottraendoli ai più antichi concessionari di origine longobardo-bulgara. Sul finire del millennio, quando il pericolo maggiore per la Chiesa Ravennate era rappresentato dall’invadenza delle signorie feudali di matrice franca e ottoniana, i beneficiari tornarono ad essere Goti, Bulgari e Longobardi. (cfr.120-163)
Da notare come nel X secolo le etnie, che prima vivevano ben distinte inizino fondersi, la rubrica 112 parla già di un società tra Stephanus (nome bizantinissimo) e Radulfus (dal ger. Hrot “gloria” + wulfa “lupo” un teutonico “lupo glorioso”), la 125 di Iohannis et Inga iugalis, la 155 di Stephanus filius Bulgari e di un Ildebertus fratello di Costantinus.
traducete e commentate le seguenti rubriche:
Dal Breviarium Ecclesiae Ravennatis (Codice Bavaro), secoli VII-X
112
Peticio quam petivit Stephanus filius Stephani et Radulfus filius q(uondam) Drogonis a Honesto archiepiscopo de castello in integro qui est edificacatum in monte Sentino, qui Ofania vocatur, cum muris, fossis et carbonaris et cum omnibus edificis suis et cum intrito et exoito suo. Verum eciam quadraginta modiorum terrae in circuito ipsius castelli […] sub pensione denarios treginta sex.
162
Peticio quam petivit Vuido comes et Itana iugalis a Deus dedit archiepiscopo de Massa Afraniana vocata Ausimo in integro cum fundi et casalis seu apendicibus suis,, costituta territorio ansimano, sub pensione solidus mancosos tres.
120
Peticio quam petivit Arnulfus filius quondam Iohannis et Inga iugalis [..] ab Aunesto archiepiscopo de fundo Sala Rupta […] sub pensione denarios sex.
.
163
Peticio quam petivit Baro de Bulgaro sitque Amico et Iohannes germani filii quondam Bulgaro a Pietro Archiepiscopo de fundo Sala Rupta in integro: ab uno latere Aspia, alio latere limite massale, tercio latere Montale, quarto latere fundus preclulici et [...] territorio ansimano. Sub pensione denarios sex.
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lunedì 11 aprile 2011
lunedì 21 marzo 2011
Il guerriero e la Storia
Le nostre ricerche su Droctulft sono concluse. I risultati sono stati organizzati in forma verbale nel file "il guerriero illuminato" che potete comodamente scaricare da sribd.com (occorre registrarsi, ma è sufficiente l'account di facebook) e stampare.
altrimenti potete copiare e incollare i post intitolati:- il guerriero della storia
- la storia del guerriero
- il guerriero nella storia
la documentazione del nostro lavoro la trovate in questa presentazione:
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il guerriero della storia
STORIA DEL GUERRIERO E DELLA PRIGIONIERA - J. L. BORGES[1]
annotazioni di F. Capodimonte e C. Cimarelli
A pagina 278 del libro La poesia (Bari, 1942), Croce[2], riassumendo un testo latino dello storico Paolo Diacono[3], narra la sorte e cita l'epitaffio[4] di Droctulft; ne fui singolarmente commosso, e in seguito compresi perché. Droctulft fu un guerriero, longobardo che, durante l'assedio di Ravenna, abbandonò i suoi e morì difendendo la città che prima aveva attaccata. Gli abitanti di Ravenna gli dettero, sepoltura in un tempio e composero, un epitaffio nel quale espressero la loro gratitudine (contempsit caros, dum nos amat ille, parentes[5]) e il curioso contrasto che si avvertiva tra l'aspetto atroce di quel barbaro, e la sua semplicità e bontà:
Terribilis visu facies, sed mente benignus,
longaque robusto pectore barba fuit![6]
Tale è la storia del destino di Droctulft, barbaro, che morì difendendo Roma, o tale il frammento della sua storia che poté salvare Paolo Diacono. Non so neppure in quale periodo sia accaduto il fatto: se a metà del sesto secolo, quando i longobardi devastarono le pianure italiane, o nell'ottavo, prima della resa di Ravenna. Immaginiamo (giacché questo non è un lavoro storico) che fosse il primo.
Immaginiamo, sub specie aeterntiatis[7], Droctulft, non l'individuo Droctulft, che indubbiamente fu unico e insondabile[8] (tutti gli individui lo sono), ma il tipo generico che di lui e di molti altri come lui ha fatto la tradizione, che è opera dell'oblio[9] e della memoria. Attraverso un'oscura geografia di selve e paludi, le guerre lo portarono in Italia, dalle rive del Danubio[10]10 e dell'Elba[11]11; forse non sapeva che andava al Sud e che guerreggiava contro il nome romano. Forse professava l'arianesimo[12]12, che sostiene che la gloria del Figlio è un riflesso della gloria del Padre, ma è più verosimile immaginarlo devoto della Terra, di Hertha, il cui simulacro[13] velato andava di capanna in capanna su un carro tirato da vacche, o degli dei della guerra e del tuono, che erano rozze immagini di legno, avvolte in stoffe e cariche di monete e cerchi di metallo. Veniva dalle selve inestricabili del cinghiale e dell'uro[14]; era bianco, coraggioso, innocente, crudele, leale al suo capo e alla sua tribù non all'universo. Le guerre lo portano a Ravenna e là vede qualcosa che non ha mai vista, o che non ha vista pienamente. Vede il giorno e i cipressi e il marmo. Vede un insieme che è molteplice senza disordine; vede una città, un organismo fatto di statue, di templi, di giardini, di case, di gradini, di vasi, di capitelli, di spazi regolari e aperti. Nessuna di quelle opere, è vero, lo impressiona per la sua bellezza; lo toccano come oggi si toccherebbe un meccanismo complesso, il cui fine ignoriamo, ma nel cui disegno si scorgesse un'intelligenza immortale. Forse gli basta vedere un solo arco, con un'incomprensibile iscrizione in eterne lettere romane. Bruscamente, lo acceca e lo trasforma questa rivelazione: la Città. Sa che in essa egli sarà un cane, un bambino, e che non potrà mai capirla, ma sa anche ch'essa vale più dei suoi dèi e della fede giurata e di tutte le paludi di Germania. Droctulft abbandona i suoi e combatte per Ravenna. Muore, e sulla sua tomba incidono parole che non avrebbe mai comprese:
Contempsit caros, dum nos amat ille, parentes,
Non fu un traditore (i traditori non sogliono ispirare epitaffi pietosi), fu un illuminato, un convertito. Alcune generazioni più tardi, i longobardi che avevano accusato il disertore[16], rocedettero come lui; si fecero italiani, lombardi, e forse qualcuno del loro sangue? un Aldiger?[17] generò i progenitori dell'Alighieri... Molte congetture[18] è dato applicare all'atto di Droctulft; la mia è la più spiccia; se non è vera come fatto, lo sarà come simbolo.
[1] Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 1899 – Ginevra, 1986) è stato uno scrittore, poeta e traduttore argentino. È ritenuto uno dei più importanti e influenti scrittori del XX secolo ed è stato ispirato tra gli altri da Macedonio Fernández, Rafael Cansinos Assens, dalla letteratura inglese, Franz Kafka, Emanuel Swedenborg e dal Taoismo. Narratore, poeta e saggista, è famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico, sia per la sua più ampia produzione poetica.
[2] Benedetto Croce (Pescasseroli, 1866 – Napoli 1952) è stato un filosofo, un critico letterario, uno storico, uno scrittore e un politico italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano e "rifondatore" del Partito Liberale. Con Giovanni Gentile è considerato un importante protagonista della cultura italiana ed europea della prima metà del XX secolo.
[3] Paolo Diacono è stato un monaco, storico, poeta e scrittore longobardo di espressione latina. Era discendente di Leupichi, che affiancava re Alboino nel passaggio dei Longobardi dalla Pannonia all'Italia. Da Cividale del Friuli, dove nacque nel 720, raggiunse Pavia in giovane età per seguire gli studi in quella che allora era la capitale longobarda. Si formò alla corte del re Rachis, allievo di Flaviano, ed alla scuola del monastero di San Pietro in Ciel d'Oro, dove conseguì la carica di docente. Restò alla corte con i successivi re Astolfo e Desiderio. Divenne anche il precettore di Adelperga figlia di Desiderio che seguì quando ella si sposò con il duca Arechi II di Benevento. Nel 774 visse il crollo del regno longobardo e per evitare rischi di prigionia si fece monaco nel monastero di Montecassino.
Dal 782 al 787 fu attivo presso la corte di Carlo Magno, presso la quale si recò per chiedere la liberazione dei suoi parenti prigionieri, in particolare il fratello Arichis, catturato e condotto in Francia nel 776 dopo la sua partecipazione ad una rivolta del Friuli contro i nuovi occupanti, e che alla fine fu liberato. Là acquistò una certa notorietà e prestigio come maestro di grammatica.
Nel 787 tornò a Montecassino, dove fra l'altro scrisse l'Historia Langobardorum, la sua opera più famosa in cui narra, fra mito e storia, le vicende del suo popolo, dalla partenza dalla Scandinavia all'arrivo in Italia. La scrittura del testo impegnò Paolo Diacono per due anni, dal 787 al 789.
[4] Con il termine epitaffio si intende un'iscrizione funebre, il cui scopo è onorare e ricordare il defunto. Generalmente, pur non sempre, si tratta di uno o più versi di una poesia: molti poeti hanno infatti composto il proprio epitaffio. Per epitaffio si intendeva, in tutta probabilità, l'orazione funebre pubblica che durante i secoli della Grecia antica si teneva ad Atene in onore dei soldati caduti. Nell'antica Roma, si confuse con la laudatio funebris, pronunciata da un figlio o da un parente del morto. Per estensione, si sarebbe poi dato tale nome alla semplice iscrizione tombale.
[5] Non amò i suoi cari, mentre lui ama noi come fossimo suoi parenti”.
[6] “Fu di aspetto terribile ma ricco di intelligenza , aveva una lunga barba e un petto robusto”.
[7] lett. “Sotto lo sguardo dell’eterna memoria”. L'espressione indica qualcosa di universalmente ed eternamente vero, senza alcun riferimento al contingente e al relativo. Possiamo tradurla con “in astratto”, ”come esempio”
[8] Incomprensibile, misterioso, oscuro.
[9] oblio = Perdita di ogni ricordo, dimenticanza. La memoria, scrive Borges non è tanto l’atto del ricordare, il frutto della selezione; ricordare è, in realtà, dimenticare i dettagli. Poiché non sempre i dettagli che si perdono sono inutili, la memoria è inevitabilmente una falsificazione della realtà
[10] Il Danubio è un fiume dell'Europa centro-orientale. Con 2.902 km è il secondo corso d’acqua più lungo del continente (dopo il Volga), e il più lungo fiume navigabile dell'Unione Europea. Le sue fonti sono nella Foresta Nera in Germania. Dalle sorgenti scorre verso est il fiume corre lungo i confini di dieci paesi: Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Ucraina e attraversa varie capitali dell'Europa centrale e orientale. Alla fine del suo corso si getta nel Mar Nero attraverso un ampio delta sul confine tra Romania e Ucraina. Il Danubio è stato per secoli una delle frontiere dell'Impero Romano.
[11] L'Elba è uno dei più lunghi fiumi dell'Europa centrale (1091 km ). Nasce nel nord della Repubblica Ceca, nella catena montuosa dei Monti Sudeti, a circa 1400 metri di altezza. Attraversa quindi la Germania, bagna le città di Dresda, Magdeburgo e Amburgo e sfocia nel Mare del Nord. La sua lunghezza totale è di 1091 km . Da due secoli un'importante rotta commerciale, l'Elba è stato collegato tramite un sistema di canali navigabili col Reno, il Weser e l'Oder. Il fiume stesso è navigabile con battelli commerciali fino all'interno del continente europeo, addirittura a Praga, mentre altri sistemi di canali artificiali lo collegano alle aree industriali della Germania e alla capitale Berlino.
[12] L'arianesimo è il nome con cui è conosciuta una dottrina cristologica elaborata dal monaco e teologo cristiano Ario, condannata al primo concilio di Nicea. Sosteneva che la natura divina di Gesù fosse sostanzialmente inferiore a quella di Dio e che, pertanto, vi fu un tempo in cui il Verbo di Dio non esisteva e dunque che fosse stato creato in seguito. In tal senso contraddiceva l'idea della Trinità maturata attorno agli scritti di Giustino di Nablus. Ario non negava la Trinità ma subordinava il Figlio al Padre, negandone la consustanzialità che sarà poi formulata nel concilio di Nicea (325) nel noto credo niceno-costantinopolitano. Per Ario, quindi, Gesù era solo un uomo, non identificabile con Dio stesso.
Sebbene Ario fosse stato scomunicato per eresia e la sua dottrina condannata, questa corrente religiosa resistette a lungo tanto da diventare religione ufficiale dell'impero romano sotto Costanzo II. Nel IV secolo, fu molto diffusa anche in Italia: ad esempio, in Romagna sono noti per aver combattuto l'eresia ariana, i vescovi San Mercuriale di Forlì, San Rufillo di Forlimpopoli, San Leo di Montefeltro e San Gaudenzio di Rimini. I germani cristianizzati furono inoltre i maggiori seguaci dell'arianesimo, fino al VII secolo.
Costantino Nel 325 Costantino I indice il Concilio di Nicea che elabora un "simbolo", cioè una definizione dogmatica relativa alla fede in Dio nel quale compare il termine homooùsios (= consustanziale al Padre, letteralmente "della stessa sostanza") attribuito al Cristo e che costituisce, tuttora, la base dogmatica del Cristianesimo storico. Successivamente però lo stesso imperatore venne battezzato in punto di morte da un vescovo ariano, Eusebio di Nicomedia.
Costanzo II L'arianesimo ebbe fortuna in certi momenti fra la corte imperiale e nell'ultima fase dell'Impero Romano. Furono ariani gli imperatori Costanzo II e Valente e il generale Stilicone.
Teodosio Nel 380, sotto l'influsso di Ambrogio, venne emanato da Teodosio I e Graziano l'editto di Tessalonica che definiva il credo niceno come religione di stato.
La condanna dell'Arianesimo venne ribadita nel 381 durante il primo concilio di Costantinopoli.
Medioevo Nei secoli successivi tuttavia venne progressivamente perdendo peso nell'ambito dell'Impero. Tuttavia, grazie alla predicazione condotta nel IV secolo fra i Goti, l'arianesimo conobbe una grande diffusione fra i popoli germanici, specialmente Goti, Vandali e Longobardi. Fu ariano il re ostrogoto Teodorico, mentre fu Teodolinda la regina che determinò la conversione dei Longobardi al cattolicesimo.
[13] Un simulacro è una statua o un’immagine di una divinità o di un personaggio illustre.
[14] L'uro è una specie di grande bovino selvatico ormai estinto, ma, in passato, molto diffuso in Europa. Corrispondeva al nostro bue, come il cinghiale corrisponde al maiale. Gli uri erano noti anche per il loro temperamento molto aggressivo e nelle culture antiche ucciderne uno era visto come un grande atto di coraggio. I bovini moderni sono divenuti molto più piccoli dei loro antenati selvatici: l'altezza al garrese di una vacca domestica di taglia media è di circa 150 cm , mentre l'uro raggiungeva mediamente i 175 cm di altezza.
Esistevano tre sottospecie di uro: il Bos primigenius nomadicus, che viveva in India, il Bos primigenius mauretanicus del Nordafrica e, naturalmente, il Bos primigenius primigenius dell'Europa e del Medio Oriente. Solo la sottospecie europea è sopravvissuta fino a tempi recenti.
L'uro possedeva anche alcuni aspetti che si riscontrano raramente nei bovini moderni, come le corna a forma di lira ricurve in avanti, una striscia pallida lungo la spina dorsale e un dimorfismo sessuale nei colori del mantello. I maschi erano neri con una striscia color grigio più chiaro o marroncina lungo la spina dorsale, mentre le femmine e i vitelli erano rossastri (questi colori si riscontrano tuttora in pochi bovini domestici, come i bovini di Jersey).
[15] “Non amò i suoi cari, mentre lui ama noi come fossimo suoi parenti, considera come sua patria Ravenna”.
[16] Infedele.
[17] Alcune fonti sostengono che la radice "Ald" derivi dall'antico germanico-danese Athal (nobile) e di conseguenza i nomi originari: Aldiger e Hadalgher, andrebbero tradotti come "lancia nobile o nobile lanciere". Da ciò si può affermare che si tratta della "cognominizzazione" della professione del capostipite di una famiglia, o il capo di una tribù di barbari: ovverosia "un abile guerriero armato di lancia".
[18] Giudizi fondati più su un'intuizione personale che su prove reali; sono ipotesi o supposizioni ritenute probabilmente vere, ma non dimostrate
lunedì 14 marzo 2011
Compiti su Borges
Per gli studenti volenterosi o per quelli con la fedina penale sporca e che non hanno alternative, ecco due possibilità di riscatto:
Lavoro no.1:
andare sul gruppo facebook - copiare dai documenti il racconto di J. L. Borges "Storia del guerriero e della prigioniera" [http://www.facebook.com/home.php?sk=group_151570304901444&view=doc&id=158866390838502] e confrontarlo, punto per punto, con la biografia di Droctulft, scritta dalla prof. Bonventi. [http://lacittadellefrottole-q12.blogspot.com/2011/03/droctulft-o-drocton-stato-un-generale.html] - poi caricare il file sul gruppo
Lavoro no.2:
andare sul gruppo facebook - copiare dai documenti il racconto di J. L. Borges "Storia del guerriero e della prigioniera" [http://www.facebook.com/home.php?sk=group_151570304901444&view=doc&id=158866390838502] e scrivere le note per renderlo comprensibile in ogni suo passaggio: annotate parole difficili ome "Uro" e concetti storici come "arianesimo" etc... - scrivere un file (magari corredato da foto) e postarlo sul gruppo
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Ravenna
mercoledì 9 marzo 2011
La storia del guerriero
Droctulft (o Drocton) è stato un generale bizantino di origine sveva, crebbe presso i Longobardi e, poichè era "fòrma idoneus", aveva ottenuto da loro la dignità di duca, ma poi ha scelto di raggiungere l'esercito bizantino e di vendicarsi della sua prigionia. Comandava il presidio imperiale di Brescello, in Reggio Emilia, quando il re dei Longobardi Autari aveva investito quell'importante testa di ponte bizantina sulla riva destra del Po. Autari constrinse Droctulf a capitolare e a ripiegare su territori di dominio bizantino, così egli andò a Ravenna: Brescello venne rioccupata dai Longobardi e le sue mura furono rase al suolo. Droctulf, lasciati i Longobardi, trovò accoglienza presso i Bizantini, a Ravenna, città che da allora egli considerò come sua patria. Droctulf riconquistò Brescello, che era stata occupata dai Longobardi: fu il suo primo successo, ma ce ne furono altri. Da lì, dopo aver apprestato una flottiglia di piccole barche, risalì il corso del Padoreno ( un affluente del Po) fino ad investire e a conquistare Classe, tra il 575 e il 576, allora tenuta dal Longobardo Faroaldo. La carriera di Droctulf non si limitò al suolo italiano e alla lotta contro i Longobardi, infatti nel 586 lo troviamo nei Balcani a fronteggiare gli Avari. Le armate bizantine non riuscivano a fermare gli invasori, per cui, l'imperatore Maurizio decise di potenziare la sua macchina bellica. Affidò il comando allo stratego Giovanni Mistacon, affiancandogli Droctulf, che viene definito "longobardo di stirpe, uomo prode e robustissimo per la guerra". I due nuovi comandanti vinsero gli Avari ad Adrianopoli, grazie ad uno stratagemma decisivo di Droctulf che, dopo aver simulato la fuga, si gettò alla testa dei suoi uomini sugli inseguitori, disperdendoli. Così gli Avari dovettero cedere il campo e ritirarsi.
L'epitaffio di Droctulf ne ricorda la sepoltura in San Vitale a Ravenna, ma suggerendo esplicitamente che egli fosse morto lontano da quella città, e che vi tornò solo dopo morto per avervi sepoltura, grazie alle cure di un certo prete Giovanni, al quale Droctulf aveva confidato di voler essere sepolto a Ravenna. E' probabile che sia morto combattendo al servizio di Bisanzio. L'epitaffio ricorda che egli tornava spesso a San Vitale dopo le sue vittorie; è possibile che sia stato da Ravenna inviato a Roma e da lì in Africa, a cercare una nuova collocazione presso Gennadio, di cui conosceva la fama. La sua fu una tipica vita di un guerriero federato dell'Impero; egli era di aspetto terribile, con una lunga barba che gli scendeva sul petto robusto, egli non fu solo un formidabile guerriero, ma anche un "distruttore" nemico della sua stessa gente. Droctulf fu uno dei Longobardi che avevano seguito a Ravenna Elmichi e Rosmunda, gli assassini di Albonio in fuga davanti alla reazione dei guerrieri pavesi comandati da Clefi. L'epitaffio racconta che Droctulf si rifugiò a Ravenna abbandonando i suoi "cari genitori" , prova della sua età giovanissima; ma è difficile credere che giovanissimo nel 572, nel 575-576 fosse già a capo di un contingente bizantino.
L'epitaffio di Droctulf ne ricorda la sepoltura in San Vitale a Ravenna, ma suggerendo esplicitamente che egli fosse morto lontano da quella città, e che vi tornò solo dopo morto per avervi sepoltura, grazie alle cure di un certo prete Giovanni, al quale Droctulf aveva confidato di voler essere sepolto a Ravenna. E' probabile che sia morto combattendo al servizio di Bisanzio. L'epitaffio ricorda che egli tornava spesso a San Vitale dopo le sue vittorie; è possibile che sia stato da Ravenna inviato a Roma e da lì in Africa, a cercare una nuova collocazione presso Gennadio, di cui conosceva la fama. La sua fu una tipica vita di un guerriero federato dell'Impero; egli era di aspetto terribile, con una lunga barba che gli scendeva sul petto robusto, egli non fu solo un formidabile guerriero, ma anche un "distruttore" nemico della sua stessa gente. Droctulf fu uno dei Longobardi che avevano seguito a Ravenna Elmichi e Rosmunda, gli assassini di Albonio in fuga davanti alla reazione dei guerrieri pavesi comandati da Clefi. L'epitaffio racconta che Droctulf si rifugiò a Ravenna abbandonando i suoi "cari genitori" , prova della sua età giovanissima; ma è difficile credere che giovanissimo nel 572, nel 575-576 fosse già a capo di un contingente bizantino.
la geografia di Ravenna, molto modificata nei secoli è stata oggetto di difficili studi fin dal XVIII secolo. Ai tempi di Giustiniano la città romagnola era al centro di una laguna circondata da tre Fosse la cui scomparsa è molto antica, precedente, in ogni caso, all'anno Mille: la Fossa Augusta, о Messanica, l'Ascone e il Padoreno. Scriveva il Conte Marco Fantucci , all'inizio del XIX secolo: "II Padoreno era certamente il ramo più inferiore (meridionale n.d.r.) del Pò, che s' innoltrava sotto Ravenna, e che costeggiava internamente le varie Isole, che si andarono formando dalle alture di Comacchio [...] Così pure il Padoreno fu una terza Fossa o ramo del Po, che formatesi le nuove Isole, e nuova spiaggia colle alluvioni del Pò, corse anch' essa paralella alle altre poco sotto la Città di Ravenna, e formò dopo l'interramepto del Porto di Augusto, gli altri Porti [...] Marco Fantucci (conte), Monumenti ravennati de'secoli di mezzo: per la maggior parte inediti .., tomo 1, Venezia, 1805, pp. 43 e ss., in versione digitale http://books.google.it/books?id=XPDmAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=text
martedì 1 marzo 2011
Il Guerriero e la Storia
lunedì 28 febbraio 2011
Il guerriero nella storia
Ecco cosa scrive riguardo a Droctulft lo storico Paolo Dicacono in Historia Langobardorum (liber III, caput 19). Traduzione a cura di Mazzieri-Tonucci-Verdolini. Classe IIAp - Liceo 'C. Rinaldini' - Ancona a.s.2010-2011.
Huius sane Droctulft, de quo praemisimus, amminiculo saepe Ravennatium milites adversum Langobardos dimicarunt, extructaque classe, Langobardos, qui Classem urbem tenebant, hoc adiuvante pepulerunt. Cui, cum vitae explesset terminum, honorabile sepulchrum ante limina Beati Vitalis martyris tribuentes, tali eius laudes epitaphio extulerunt: Clauditur hoc tumulo, tantum sed corpore, Drocton; Cum Bardis fuit ipse quidem, nam gente Suavus; Omnibus et populis inde suavis erat. 5 Terribilis visu facies, sed mente benignus, Longaque robusto pectore barba fuit. Hic et amans semper Romana ac publica signa, Vastator genti adfuit ipse suae. Contempsit caros, dum nos amat ille, parentes, 10 Hanc patriam reputans esse, Ravenna, suam. Huius prima fuit Brexilli gloria capti; Quo residens cunctis hostibus horror erat. Quo Romana potens valuit post signa iubare, Vexillum primum Christus habere dedit. 15 Inde etiam, retinet dum Classem fraude Faroaldus, Vindicet ut Classem, classibus arma parat. Puppibus exiguis decertans amne Badrino, Bardorum innumeras vicit et ipse manus. Rursus et in terris Avarem superavit eois, 20 Conquirens dominis maxima lucra suis. Martyris auxilio Vitalis fultus, ad istos Pervenit victor saepe triumphos ovans; Cuius et in templis petiit sua membra iacere, Haec loca post mortem bustis habere iubat. 25 Ipse sacerdotem moriens petit ista Iohannem, His rediit terris cuius amore pio. | Con l'aiuto di questo Droctulft, del quale abbiamo già parlato in precedenza, spesso i soldati di Ravenna combatterono contro i Longobardi presso il torrente e - riallestita la flotta - sconfissero, grazie a lui, i Longobardi che occupavano la città di Classe. Giunto al termine della vita, i Ravennati quando gli diedero onorato sepolcro davanti alla Basilica del Beato Martire Vitale, scrissero le sue lodi con questo epitaffio: In questa tomba è chiuso, ma solo nel corpo Droctulft; infatti, per i suoi meriti è ancora vivo nel il mondo. In verità fu con i Bardei, infatti, per stirpe era un Suebo, dalla qual cosa dal popolo tutto era reputato soave... D’aspetto terribile a vedersi, ma era buono nell'anima, fu di petto robusto e di lunga barba. Poiché amò sempre il nome di Roma, egli stesso fu sterminatore della propria stirpe, disprezzò i suoi cari parenti e ora ama noi, reputando che questa, Ravenna, fosse la sua patria. La sua prima impresa gloriosa fu la conquista di Brescello, dove, essendosi trincerato, era il terrore di tutti i nemici. Dove fu capace di salvare le insegne romane e di sostenere il primo vessillo di Cristo. |
sabato 19 febbraio 2011
Il guerriero illuminato
Drocton era un longobardo che, durante l'assedio di Ravenna, abbandonò i suoi e morì difendendo la città dei nemici. Ce lo ricorda lo storico Paolo Diacono che, nella sua opera, riporta la descrizione del sepolcro che gli riconobbero i Ravennati. "Non fu un traditore; i traditori non sogliono ispirare epitaffi pietosi. Fu un illuminato. Secoli dopo chi lo accusò avrebbe fatto come lui. i Longobardi si fecero italiani e uno del suo stesso sangue - un Aldiger - generò i progenitori dell'Alighieri."
La vicenda di Droctulft è raccontata in "La storia del Guerriero e della Prigioniera", uno dei racconti più felici di Borges. Intanto leggiamoci il racconto
noi dobbiamo chiederci due cose
1) che cosa è accaduto a Droctulft? che cosa lo ha illuminato? Un arco? Una bassorilievo? Un insieme che è molteplice senza disordine? Chi andrà a Ravenna si porti una macchina fotografica e fotografi qualcosa lo stupisce, poi lo posti sul Blog.
2) la storia è andata davvero così? o quanto congetturò Borges è solo un'invenzione poetica? Tutto ciò che abbiamo su Droctulft sono le parole del grande storico longobardo Paolo Diacono. Allora leggiamo queste rubriche e chi resterà ad Ancona proverà a tradurle e a ricostruire la vera storia di Droctulft. Tutto sta nel farsi le domande giuste: iniziate chiedendo al testo: "Chi era Drocton-Droctulft? Davvero era solo un guerriero? Perché odiava il suo Re?"
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