lunedì 27 aprile 2015

Carlo Goldoni: Memoires

Sul soggiorno a Pavia

Nella sua autobiografia, Carlo Goldoni, che fu certamente il più illustre alunno del Ghislieri nei primi due secoli della sua storia, rievoca con una prosa divertita e brillante gli anni trascorsi a Pavia (1723-1725).
Goldoni non completò gli studi in tale sede, in quanto venne espulso dal Collegio e costretto a lasciare precipitosamente la città sulle sponde del Ticino, per aver composto una satira oltraggiosa nei confronti di fanciulle pavesi.

"In questo Collegio eravamo ben nutriti e alloggiati benissimo, avevamo la libertà di uscire per andare all’Università e noi andavamo dappertutto. L’ordine era di uscire a due a due e di rientrare allo stesso modo, ma noi ci lasciavamo alla prima svolta di strada dandoci appuntamento per rientrare. Anche se rientravamo soli, il portiere intascava la mancia e non ne faceva parola (…)"


Goldoni non ebbe in vita il ricnoscimento che meritava. nemmeno subito dopo la morte. Ci vollero duecento anni. queste le critiche che gli muoveva Carlo Gozzi

"espose sul teatro tutte quelle verità che gli si parano dinanzi, ricopiate materialmente e trivialmente, e non imitate dalla natura, né coll'eleganza necessaria ad uno scrittore";
"non seppe, o non volle, separare le verità, che si devono, da quelle che non si devono porre in vista sopra un teatro; ma si è regolato con quel solo principio, che la verità piace sempre";
Le commedie di Goldoni "odorano per lo più di pernicioso costume. La lascia e il vizio gareggiano in esse colla modestia e colla virtù, e bene spesso queste due ultime sono vinte da' primi";
"ha fatto sovente de' veri nobili lo specchio dell'iniquità e il ridicolo; e della vera plebe l'esempio della virtù e il serio in confronto, in parecchie delle sue commedie";
Goldoni ha realizzato una scaltra operazione di avvicinamento alla plebe: "io sospetto (e forse troppo maliziosamente) ch'egli abbia ciò fatto per guadagnarsi l'animo del minuto popolo, sempre sdegnoso col necessario giogo della subordinazione";
Quanto allo stile: "Moltissime delle sue commedie non sono che un ammasso di scene, le quali contengono delle verità, ma delle verità tanto vili, goffe e fangose, che quantunque abbiano divertito anche me medesimo, animate dagli attori, non seppi giammai accomodare nella mia mente che uno scrittore dovesse umiliarsi a ricopiarle nelle più basse pozzanghere del volgo, né come potesse aver l'ardire d'innalzarle alla decorazione d'un teatro, e soprattutto come potesse aver fronte di porre alle stampe per esemplari delle vere pidoccherie";
Un'ultima accusa riguarda il fatto che Goldoni ricavi da vivere dal suo stesso mestiere di autore teatrale.

Si evince quindi che Gozzi comprese fino in fondo:
L'assoluta novità del teatro di Goldoni e della sua figura di intellettuale
Il carattere decisamente realistico del teatro goldoniano
La pericolosità "pedagogica" (e quindi politica) di fare del realismo in scena
La pericolosità politica ed ideologica di esaltare la plebe e ridicolizzare la nobiltà
La felice, ma pericolosa, combinazione di efficacia artistica e realismo

Per circa due secoli la stroncatura di Carlo Gozzi rappresentò paradossalmente, con la sua doppia lettura positivo-negativo, l'interpretazione più lucida del cuore dell'operazione teatrale goldoniana.

Eravamo ben abbigliati; con la stessa eleganza degli abati che frequentano l’alta società. Panno d’Inghilterra, seta di Francia, ricami, pizzi, con una specie di toga senza maniche sul vestito e una stola di velluto attaccata alla spalla sinistra, con l’arme dei Ghislieri ricamata in oro e argento, sormontata dalla tiara pontificia e dalle chiavi di san Pietro (…)




Questo Collegio non era, come vedi, una comunità di fanciulli: vi si faceva precisamente tutto ciò che si voleva, molte distrazioni all’interno e molta libertà all’esterno.




Là appresi la scherma, la danza, la musica, il disegno; e là appresi pure tutti i giochi possibili di società e d’azzardo. Questi ultimi erano proibiti, ma non per questo si giocavano meno (…)




A Pavia i Collegiali sono considerati dai cittadini come gli ufficiali nelle guarnigioni: gli uomini li detestano, ma le donne li ricevono (…)







venerdì 17 aprile 2015

Bertrans de Born - Commedia Canto XXVIII



Bertram dal Bornio. - Trovatore, signore di Altaforte; 

Nel De vulgari eloquentia Dante spiega solo tre argomenti possono essere oggetto dell'alta  poesia, e corrispondono alle tre finalità dell'anima dell'uomo (che è l'unica creatura dotata di una triplice anima: vegetativa, animale, razionale)
Dante ricorda Berteram come il sommo "poeta delle armi", uno dei suddetti tre argomenti; gli altri due sono l'amore - che è l'oggetto della grande poesia di Arnault Daniel - e la "rettitudine", che è l'oggetto della poesia morale di Giraut de Bornelh. 

Dante ci tiene a sottolineare che se nella lingua del sì grandi scrittori hanno parlato di amore e rettitudine (pensa rispettivamente a Cino da Pistoia e all'amico di Cino, che po sarebbe lui stesso) in verità nessun italiano è riuscito ad eccellere come poeta delle armi in ciò Bertrando è stato insuperabile
Ma allora che ci fa Bertrando con quella  testa in mano sul fondo dell'Inferno in mezzo a mostri orribilmente mutilati?


Le poesie di Bertram hanno la stessa struttura delle poesie trobadoriche, ma esaltano la guerra, non l'amore, i senhal nascondono nomi di principi, non delle signore.
L'animo del poeta vibra quando, finalmente, Riccardo Cuor di Leone (che lui chiamava il signor SI e NO) muove guerra a Filippo II Augusto re di Francia (1194):

la guerra è celebrata come la sola  che  consente l'esercizio della maggiore delle virtù cavalleresche: la ‛prodezza '. La guerra  celebra la cavalleria, che sta disfacendosi per il vittorioso affermarsi della nuova società borghese, mercantile.
Bertrand celebra il rischio e la ‛prova' che può condurre alla morte, sentita come liberazione da una vita misera e oscura. La guerra, d'altra parte, è vista e sentita come spettacolo, affascinante e tremendo, pieno di luci e di colori, grandioso e solenne, luminoso e tragico, nella cui contemplazione l'animo del cavaliere si appaga

Ma contro B. sta la terribile condanna di lf XXVIII 118-142. che conferma le indicazioni dei biografi: "Sempre volle che avessero guerra insieme il padre e il figlio e il fratello, l'uno con l'altro"

E poiché Bertrand ha diviso persone così strettamente congiunte, ha per l'eternità il capo diviso dal principio del busto: spietata applicazione della legge implacabile del contrapasso,


Il canto XXVIII - Enciclopedia Dantesca

Visione della IX Bolgia dell'VIII Cerchio (Malebolge), in cui sono puniti i seminatori di discordie. Incontro con Maometto, che indica Alì e predice la morte di fra Dolcino.


Visione della IX Bolgia (1-21)

Di fronte allo spettacolo orribile della IX Bolgia dell'VIII Cerchio, in cui sono puniti i seminatori di discordie, Dante dichiara che nessuno potrebbe rappresentare il sangue e le piaghe che lui ha visto e che ogni linguaggio sarebbe insufficiente. Se anche si radunassero tutti i caduti in battaglia dell'Italia meridionale nelle guerre di Roma, in quelle dei Normanni e nelle guerre scatenate dagli Angioini (incluse le battaglie di Benevento e Tagliacozzo), la visione delle membra trafitte e amputate sarebbe poca cosa rispetto a ciò cui ha assistito in quel luogo di tormento.

Maometto (22-42) (un dannato che avanza ed è tagliato dal mento sino all'ano, proprio come una botte che ha perso le doghe del fondo: le interiora gli pendono tra le gambe e sono visibili il cuore e lo stomaco)

Profezia su fra Dolcino (43-63)

Pier da Medicina (64-90)
Si avvicina un altro dannato con la gola squarciata, il naso mozzato e un solo orecchio, che dopo aver osservato Dante emette la voce attraverso la ferita nel collo: si rivolge al poeta dicendo di averlo conosciuto in Terra e si presenta come Pier da Medicina,

Presentazione di Curione (91-102)
Pier da Medicina,afferra un compagno di pena per la mascella e gli apre la bocca, mostrando che la lingua gli è stata mozzata. È Curione,

Mosca dei Lamberti (103-111)
Si avvicina un altro dannato, che alza i moncherini delle mani mozzate da cui il sangue ricade sul volto, presentandosi come Mosca dei Lamberti:

Bertram del Bornio (112-142)


Dante resta a guardare i dannati e assiste a uno spettacolo che avrebbe timore a riferire, perché potrebbe non essere creduto: lo conforta la sua buona fede e la coscienza di aver visto coi propri occhi. Il poeta infatti osserva un dannato che avanza privo della testa, che tiene in mano per i capelli come fosse una lanterna, che guarda i due poeti e si lamenta. Sembra due individui e uno al tempo stesso, cosa comprensibile solo a Dio che rende possibile ciò. Quando il dannato giunge sotto il ponte dove sono i due poeti, alza il braccio con la testa e rivolge loro alcune parole: dice a Dante di osservare la sua pena, maggiore di qualunque altra, e si presenta come Bertram del Bornio, che seminò discordia tra il re d'Inghilterra Enrico II e il figlio, il re giovane Enrico III. La sua azione è paragonabile a quella di Achitofel con Assalonne, figlio del re David, e dal momento che egli ha diviso persone così unite ora procede col capo separato dal corpo. Il dannato invita quindi Dante a osservare in lui la pena del contrappasso.




sabato 11 aprile 2015

La lirica cortese in Europa

La produzione dei trovatori era costituita prevalentemente da liriche d'amore, in forma di piccoli poemi strofici costituiti da alcune stanze e chiusi da una mezza strofa.
Le forme trovadoriche prevalenti erano l'alba, sul tema degli amori illegittimi vegliati dal fedele compagno dell'amante e la pastorella, sul tema dell'amore agreste.
Si incontrano poi il planh o lamento d'amore, il sirventese, di carattere sociale, morale o satirico, e ilpartimen o tenzone, in cui s'immaginava di discorrere d'amore con un interlocutore. Fra i trovieri prevalse la poesia di argomento eroico e cavalleresco, fra cui la ballata, il jeu parti, il lai.
Uno dei temi privilegiati era costituito dalle Crociate, con molti lai per la caduta di Gerusalemme. Spesso si trovavano nei testi le echi di tutte le umane passioni , le paure, i dolori che la guerra porta con sé. Si narravano vittorie e sconfitte, piaghe e miserie in termini crudi e realistici.
A volte, attraverso queste musiche, le nobili castellane deponevano il loro altezzoso atteggiamento e si abbandonavano al pianto sconsolato, gli impavidi cavalieri confessavano le loro paure e la santa e nobile impresa si colorava dei toni foschi e crudeli della guerra.
A rendere più interessante lo strumento è la possibilità di far suonare più corde assieme, trovando in un solo esecutore elementi polifonici impossibili al singolo cantore medievale: la tecnica cioè del bordone, della corda d'accompagnamento della melodia.
L'avvento del ponticello curvo è progressivamente testimoniato, da un punto di vista iconografico, dal definirsi e dall'accentuarsi dei fianchi rientranti nella parte centrale del corpo dello strumento che pare subire un'evoluzione simbolica che da forma ovale (embrionale) diviene complessa, quasi umana non può essere considerata casuale la successiva definizione di "fianchi" per le parti laterali dello strumento. Francesco da Barberino, agli inizi del Trecento distingue, fra gli strumenti di sua conoscenza, quelli adatti o meno per essere usati dai gentiluomini.
Tra le varie famiglie strumentali solo quella delle corde risulta essere adeguata e in particolare adeguati sono la viella, il salterio e l'arpa, mentre citola e ribeca sono invece specifici dei musici di professione. La viella è poi il primo tra gli strumenti appropriati per le giovani dame di ceto elevato


La corte di Eleonora d'Aquitania

per approfondire vi invito a leggere un interessante articolo su Eleonora d'Aquitania: Rendez-vous à Poitiers (Fausta Samaritani, repubblicaletteraria.it, 2001)

"Per la saison di primavera, fra Pentecoste e il giorno di S. Giovanni, si davano convegno da Eleonora i rampolli delle due case regnanti rivali che erano suoi figli o suoi figliastri: Margherita di Francia e sua sorella Alais, Costanza di Bretagna, Alice contessa di Blois, Eleonora regina di Castiglia, Giovanna regina di Sicilia, Riccardo Cuor di Leone e suo fratello Giovanni Senzaterra. Al loro seguito si recavano a Poitiers i giovani discendenti delle famiglie nobiliari di tutta Europa...."

La componente musicale (da homolaicus.com)
Se si pensa ad uno strumento che possa in sé incarnare la musica trobadorica questo è la viella. In Europa non si hanno testimonianze di strumenti ad arco prima del X secolo, ma da qui in poi vengono soppiantando, nella pratica e nell'iconografia, strumenti più antichi e illustri, legati a immagini sacre o mitiche, a funzioni sociali e religiose.
Nel XIII secolo Gerolamo di Moravia in appendice al suo Tractatus de Musica, attesta che gli strumenti ad arco in uso in Europa erano due: la ribeca (derivata dal rabab) e la viella (sviluppata autonomamente).
La viella con la sua posizione a spalla, quasi alla ricerca di un avvicinamento e di una identificazione spaziale con il luogo naturale di emissione sonora, si avvicina anche fisicamente al luogo fisico da cui proviene il canto, divenendo anche, nell'immagine, strumento vicino alla voce. Ma il semplice accarezzamento delle corde libere non basterebbe da solo a fare della viella lo strumento più importante del medioevo. Limitando la sua gamma a solo cinque note, tante sono le corde che generalmente monta, risulterebbe essere uno strumento dal suono interessante ma estremamente limitato.
Risulta necessario quindi un allargamento della gamma ricorrendo, ad imitazione dei liuti e delle citole, alla tastatura delle corde, cioè al progressivo e preciso raccorciamento della loro parte vibrante ad opera delle dita, al fine di ottenere una gamma di suoni abbastanza ampia da poter sostenere interamente l'estensione melodica delle composizioni trobadoriche di cui diventa da subito elemento integrante, come d'altronde si può constatare nella ricca iconografia dell'epoca.
Dapprima la tastatura avviene lateralmente con le unghie, nel modo ancor oggi utilizzato nel mondo arabo, successivamente dall'alto, mediante i polpastrelli, forse allo scopo di rendere più agevole la tastatura contemporanea di più corde.

venerdì 10 aprile 2015

La Chanson de Roland per punti chiave

LE CHANSON DE GESTE
Le Chanson de Geste, furono scritte in lingua d'Oil a partire dall'XI secolo, raccontano imprese militari.
Esistono 3 grandi cicli: di Carlo, di Guglielmo d'Orange, dei vassalli ribelli.

LA CHANSON DE ROLAND
La Chanson de Roland è la più antica e la più famosa dell Chanson de Geste
291 lasse  assonanzate (da 5 a 35 versi)
decasillabo a cesura minore 4/6 o a maiore 6/4


INTRECCIO
I parte dall'incontro di Carlo con i 12 pari a Roncisvalle. E' la parte più famosa

II parte: dall'arrivo dei rinforzi di Marsilio al duello finale Carlo vs. Baligante. E' la parte più "crociata"
La morte di Roland divide l'intreccio in due.

LA STORIA DIETRO LA STORIA

Gli Annales ufficiali (Annales laureshamenses  e mettenses) non dicono nulla di Roncisvalle e sono molto sommari con la spedizione in Spagna. Solo gli Annales Pseudo eginardiani e la Vita Karoli raccontano che i Baschi inflissero gravi perdite a Roncisvalle e che vi morirono Eggiardo il Siniscalco, il conte Anselmo e Rolando conte di Bretagna. Del primo abbiamo la lapide che conferma le parole di Eginardo e ci dà la data precisa dell'agguato 15 agosto 778. Il peggior ferragosto della storia!
Visto che riguardo a Eggiardo gli Annales non mentono, perché non dovrebbero dire la verità su Roland di Bretagna? Tenete presente che 
- entrambe le opere sono precedenti al manoscritto Digby.
- nelle CdG non si citano né Eggiardo né Anselmo.
In compenso a Roncisvalle c'è la roccia su cui fu spezzata Durendal, A Bordeaux c'è l'Olifante, a Blay le tombe dei paladini




QUI EST TUROLDUS?
Dipende dal significato che diamo a Geste_________
e a Declinet (trascrive, amplia poeticamente, termina?)
Il nome è latino, sarà stato un chierico?
Sarà stato il fratello di quel Guglielmo il Conquistatore che combattè ad Hastings e morì nel 1098?
Nel De gestis Regum Anglorum di Guglielmo di Malmensbury, relativamente ad Hastings si racconta:
"fu cantata una canzone di Rolando affinchè le gesta del del famoso eroe accendessero coloro che stavano per combattere". Altre cronache parlano più genericamente di bardi

PERCHE' 3 SECOLI DOPO? Le 4 teorie
Romantica: cantilene popolari germinate spontaneamente da quel 15 agosto 778
Individualista: nata nel XI dall'incontro dei monaci che conservavano la memoria dei fatti e i poeti in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela.
Origini classiche (decaduta): L'epica in Latino era ancora praticata. Alla corte di Carlo operava Angilberto, presso il figlio Ludovico Ermoldo Nigello. La CdR no potrebbe essere il volgarizzamento di un perduto originale latino?
Neotradizionalista: Sintesi e scrittura di varie opere di una tradizione Orale. Simile alla teoria Romantica, ma su basi documentali