mercoledì 29 gennaio 2014

Favole vs Fiabe

Per essere grandi....
Bisogna prima di tutto saper essere piccoli..
L'umilta' è la base di ogni vera grandezza.




da paradisodellemappe.blogspot.it

Spesso i siamo i due termini in modo indifferenziato, ma si tratta di generi molto diversi.

La fiaba, come i miti antichi, mette in scena storie senza tempo né luogo in cui i personaggi, solitamente uomini e donne, si ritrovano ad affrontare prove difficili. Al pari del mito, le fiabe hanno avuto una lunga diffusione orale prima di iniziare ad essere scritte al partire del 1600. Non sorprende pertanto, trovare varianti della stessa fiaba presso popoli anche molto lontano (e.g. Cenerentola)

La favola è un testo satirico che, spesso, ha per protagonisti animali alle prese con situazioni talvolta paradossali. Ma il vero elemento caratterizzante di una favola è la morale, ovvero un insegnamento relativo all'etica o al giusto comportamento. Il genere favola è stato scritto fin dall'antichità e ha avuto i suoi massimi esponenti nel greco Esopo e nel latino Fedro.


Morfologia della fiaba è un celebre saggio di Vladimir Propp, pubblicato a Leningrado nel 1928 e uscito in Italia nel 1966 per i tipi dell'Einaudi.

Il libro parte dall’assunto che tutte le fiabe presentino, al di là del luogo di origine e della cultura che le ha create, degli elementi comuni, ovvero una stessa struttura che ritrova al suo interno gli stessi personaggi che ricoprono le stesse funzioni in relazione allo svolgimento della storia. Propp analizzò un gran numero di fiabe tradizione cercando di dividerle in minime parti analizzabili (come i morfemi in linguistica). Spostando la propria attenzione dagli elementi peculiari di ogni fiaba  agli elementi ricorrenti che soggiaciono ad un gran numero di fiabe, Propp cercò gli elementi unificanti. Questi, non vengono identificati tanto a livello di contenuti, quanto in termini di azioni e funzioni, da qui il termine morfologia, che illustra la ricerca di termini costanti nella fiaba.


A) STRUTTURA: Lo schema generale di una fiaba, secondo Propp, è il seguente:

  1. Equilibrio iniziale (esordio);
  2. Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione);
  3. Peripezie dell'eroe;
  4. Ristabilimento dell'equilibrio e celebrazione dell'eroe (conclusione).

B) FUNZIONI:  Alla base dell’analisi di Propp sta il concetto di funzione, che riguarda l’azione/reazione a cui un personaggio è assoggettato. Le funzioni sono punti cardine della narrazione e sono quelle unità che mandano avanti l’intero racconto. Esse succedono alla situazione iniziale, che ha il compito di introdurre l’ambiente della narrazione. Propp ne individua 31 che, dopo la rappresentazione della situazione iniziale, sviluppano la storia secondo una sorta di scaletta più o meno fissa:.

  1. ALLONTANAMENTO: Un membro della famiglia lascia la sicurezza del suo ambiente domestico; può trattarsi dell’eroe stesso, oppure di un parente che egli dovrà salvare in seguito. La divisione di questa unità coesa è ciò che inietta la tensione iniziale all’interno della storia. Anche l’eroe può essere introdotto in questa fase, e spesso viene mostrato come una persona assolutamente ordinaria.
  2. DIVIETO: All’eroe viene imposta un’interdizione (ad esempio, gli viene proibito di andare in un determinato luogo, o di compiere una precisa azione), o comunque gli viene sconsigliato di agire in una certa maniera.
  3. INFRAZIONE: Quando l’eroe infrange il divieto che gli era stato imposto, l’antagonista entra nella storia. La decisione di violare il divieto, quindi, si rivela essere generalmente pessima, sebbene essa non implichi un confronto diretto tra l’eroe ed il suo antagonista: egli, infatti, potrebbe anche rimanere una presenza che lo osserva; oppure potrebbe decidere di non attaccare lui, ma la sua famiglia lasciata momentaneamente sola.
  4. RICOGNIZIONE: In questa fase, la vittima designata potrebbe interrogare l’antagonista, ma più spesso è quest’ultimo a compiere una serie di ricerche sull’eroe. Egli – spesso mascherato – cerca attivamente di raccogliere determinate informazioni (ad esempio, relative a qualcosa di valore di cui vuole entrare in possesso), oppure tenta di catturare qualcuno che ritiene utile ai suoi scopi. Per raggiungere il suo obiettivo, l’antagonista potrebbe parlare con un membro della famiglia che finirà per fornirgli – inconsapevolmente ed ingenuamente – le informazioni che sta cercando; oppure potrebbe provare a parlare direttamente con l’eroe, forse già consapevole del fatto che in lui vi sia qualcosa di speciale.
  5. DELAZIONE: Le ricerche dell’antagonista vanno a buon fine, ed egli ottiene delle informazioni utili sull’eroe o sulla sua vittima (ma può anche ottenere altri tipi di indicazioni più materiali, come l’ubicazione di un tesoro o di una mappa).
  6. TRANELLO: L’antagonista – sempre sotto mentite spoglie – cerca di ottenere la fiducia della vittima designata, ingannandola per catturarla o per prendere possesso dei suoi averi. Questa fase potrebbe includere la cattura della vittima, merce di scambio per ottenere qualcosa dall’eroe; oppure l’antagonista potrebbe convincere i suoi perseguitati che egli è in realtà un loro amico, in modo da ottenere una collaborazione volontaria.
  7. CONNIVENZA: A questo punto, l’inganno perpetrato ai danni della vittima è andato a buon fine, e quest’ultima – e/o l’eroe – è ora impegnata ad aiutare il proprio nemico: il fine potrebbe essere quello di procurare all’antagonista qualcosa che egli desidera (magari una mappa od un’arma magica), oppure di lottare attivamente contro i buoni (l’antagonista potrebbe aver persuaso l’eroe che le persone in questione siano in realtà malvagie).
  8. DANNEGGIAMENTO o MANCANZA: L’antagonista danneggia/ferisce un membro della famiglia dell’eroe (lo rapisce, ruba un agente magico importante, rovina il raccolto o attua altre forme di saccheggio, causa una scomparsa, espelle qualcuno, lancia un incantesimo su qualcun altro, sostituisce un bambino, commette un omicidio, imprigiona/rapisce qualcuno, minaccia di forzare un’unione coniugale, provoca tormenti notturni, …). In alternativa, un membro della famiglia si rende conto che gli manca qualcosa, che ha un desiderio da realizzare (ad esempio, ottenere una pozione magica): in questa seconda casistica, vi sono due opzioni che possono essere presentate anche all’interno della stessa storia. Nel primo caso, l’antagonista causa una qualche forma di danno all’eroe e alla sua famiglia, ad esempio rapendo la vittima designata od impossessandosi dell’oggetto magico desiderato (che, quindi, dovrà poi essere recuperato); nel secondo, all’interno della famiglia dell’eroe o in seno alla comunità viene identificato un senso di mancanza, di perdita, oppure un determinato oggetto diventa desiderabile per una qualche ragione (ad esempio, qualcosa di magico che, in qualche modo, salverà tutti quanti).
  9. MEDIAZIONE: Il danno o la mancanza si palesano (l’eroe sente una richiesta di aiuto, oppure viene avvisato; in alternativa – se vittimizzato – viene liberato dalla sua prigionia); l’eroe viene ora a conoscenza delle azioni dell’antagonista e prende atto della mancanza, magari perché trova la sua famiglia e/o il suo villaggio devastati, o in uno stato di angoscia e disgrazia.
  10. CONSENSO: L’eroe decide/accetta di ribellarsi, agendo in un modo che servirà a porre fine alla mancanza (ad esempio, trovando l’oggetto magico), a salvare coloro che sono stati catturati ed a sconfiggere l’antagonista. È un momento di definizione per lui, poiché la sua decisione di diventare parte attiva della vicenda detterà il corso delle sue azioni future e farà sì che una persona precedentemente ordinaria finisca per indossare il mantello dell’eroe.
  11. PARTENZA: L’eroe lascia la sua abitazione.
  12. FUNZIONE DEL DONATORE: Prima di ricevere aiuto (solitamente sotto forma dell’agente magico che egli sta cercando), l’eroe viene messo alla prova (interrogato, attaccato, sfidato, …).
  13. LA REAZIONE DELL’EROE: L’eroe reagisce alle azioni del donatore: supera/fallisce la prova, libera i prigionieri, riconcilia i litiganti, compie qualche tipo di servizio, usa i poteri dell’avversario contro di lui, eccetera.
  14. FORNITURA DELL’OGGETTO MAGICO: Dopo aver superato la prova, l’eroe acquisisce l’uso di un agente magico sotto varie forme (trasferimento diretto, localizzazione, preparazione, ingestione, …).
  15. TRASFERIMENTO: L’eroe viene condotto nel luogo in cui si trova l’oggetto delle sue ricerche, o comunque gli viene indicata la strada.
  16. LOTTA: L’eroe e l’antagonista combattono direttamente.
  17. MARCHIATURA: All’eroe viene impresso un marchio: viene ferito, oppure riceve un anello od un altro oggetto caratterizzante.
  18. VITTORIA: L’antagonista perde: viene ucciso in combattimento, sconfitto in una competizione, ammazzato nel sonno, esiliato, eccetera.
  19. RIMOZIONE: Viene posto rimedio al danno iniziale e si risolve la mancanza (l’oggetto della ricerca viene consegnato, l’incantesimo spezzato, la persona morta resuscitata, il prigioniero liberato, …).
  20. RITORNO: L’eroe torna a casa.
  21. PERSECUZIONE: L’eroe è perseguitato da qualcuno che attenta alla sua vita o al suo status.
  22. SALVATAGGIO: In un modo o nell’altro, l’eroe viene salvato dalla persecuzione: si nasconde o viene nascosto, si trasforma in maniera irriconoscibile, viene salvato da un attentato alla sua vita. Potrebbe anche darsi che degli ostacoli indipendenti dalla sua volontà rallentino il suo nemico.
  23. ARRIVO IN INCOGNITO: L’eroe – mascherato ed irriconoscibile – torna a casa o arriva in un altro paese.
  24. PRETESE INFONDATE: Un falso eroe cerca di prendere il posto di quello vero.
  25. PROVA: A questo punto, una prova di vario genere (un enigma da risolvere, una prova di forza, resistenza od abilità, un processo, …) viene presentata all’eroe.
  26. SUPERAMENTO: L’eroe supera la prova.
  27. IDENTIFICAZIONE: Grazie al marchio (o all’oggetto ricevuto), l’eroe viene riconosciuto.
  28. SMASCHERAMENTO: Il falso eroe o l’antagonista viene smascherato pubblicamente.
  29. TRASFIGURAZIONE: L’eroe assume nuove sembianze (diventa bellissimo, viene guarito, gli vengono forniti nuovi indumenti).
  30. PUNIZIONE: L’antagonista viene punito.
  31. MATRIMONIO O INCORONAZIONE: L’eroe ottiene la ricompensa finale, che solitamente consiste nella possibilità di sposare la donna che ama, o di salire al trono (o entrambe le cose).


C) PERSONAGGI

Propp individua, oltre alle funzioni, 7 personaggi tipo (chiamati anche sfere d’azione) è anche giunto alla conclusione che tutti i caratteri delle cento fiabe popolari russe analizzate possono essere racchiusi all’interno di otto categorie di personaggi-tipo.

  1. Il Cattivo (Antagonista): lotta contro l’eroe, è la causa del danno.
  2. Il Mandante: il personaggio che rende nota la mancanza e incita l’eroe ad andare.
  3. L’aiutante magico: la persona che aiuta l’eroe nella sua ricerca.
  4. La principessa o il premio: l’eroe si rende degno di lei nel corso della storia, ma è impossibilitato a sposarla per via di una serie di ingiustizie, generalmente causate dall'antagonista. Il viaggio dell’eroe spesso termina quando riesce finalmente a sposare la principessa, sconfiggendo il nemico.
    Il padre di lei: colui che fornisce gli incarichi all'eroe, identifica il falso eroe e celebra poi il matrimonio. Propp ha notato che per quanto riguarda la loro funzione, la principessa ed il padre spesso non sono chiaramente distinguibili. Nel suo lavoro Propp si rende conto che questi due personaggi non possono essere divisi da un punto di vista funzionale poiché si occupano delle medesime cose
  5. Il donatore: il personaggio che prepara l’eroe al conflitto o gli fornisce un oggetto magico per riuscire nella sua battaglia.
  6. L’eroe o la vittima/il ricercatore:colui che lotta contro il cattivo, è aiutato dal donatore, trionfa e sposa la principessa. .
  7. Il falso eroe: la persona che si prende il merito delle azioni dell’eroe o cerca di sposare la principessa.

Spesso, uno stesso ruolo può essere ricoperto da più personaggi (ad esempio, l’eroe sconfigge il drago malefico e la sorella – altrettanto malvagia – si incarica del ruolo antagonistico di inseguirlo per ucciderlo e vendicarsi); oppure, per converso, uno dei personaggi potrebbe ricoprire più ruoli (ad esempio, un padre potrebbe mandare suo figlio alla ricerca dell’oggetto della mancanza e dargli una spada, agendo quindi sia da mandante che da donatore).

LINK
http://bloginclasse.files.wordpress.com/2012/01/fiaba-caratteristiche.pdf
http://www.labirintoermetico.com/03Fiabe/struttura_fiaba_secondo_propp.htm



domenica 26 gennaio 2014

La città delle frottole - Q5: Le Leggi razziali e le immagini della propaganda

La città delle frottole - Q5: Le Leggi razziali e le immagini della propaganda: è un percorso didattico iconografico di Vittorio Caporrella. Dopo che avrete visitato i link proposti qui di seguito, scegliete un argomento e rispondete per iscritto alle domande poste sotto l'immagine. Se volete, inserite sotto questo post i vostri commenti o le vostre risposte

- Foto 1 La distinzione razziale http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/distinzionerazziale.htm
- Foto 2 Razzismo e caratteri fisionomici http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/caratterifisionomici.htm
- Foto 3 Romanità e "razza italica "http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/razzaitalica.htm
- Foto 4 Donne ed eredità genetica http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/donne.htm
- Foto 5 Romanità e antisemitismo http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/antisemitismo.htm
- Foto 6 I meticci e l'ibridismo http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/meticci.htm
- Foto 7 Razzismo e violenza sessuale
http://www.storicamente.org/04_comunicare/LeggiRazziali/violenzasessuale.htm

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ESEMPIO: Diana Pompei [studentessa VCp 2009-2010]
fa "molto piacere" riscontare enormi somiglianze con il manifesto razzista dell'ultimo link -foto 7 RAZZISMO E VIOLENZA SESSUALE del 1944 con questi del 2010 http://www.luiginieri.it/index.php?option=com_content&task=view&id=250&Itemid=30 e http://www.stormfront.org/forum/showthread.php?t=434116 ke potete vedere dopo un breve blog con una serie di commenti davvero eclatanti

mercoledì 15 gennaio 2014

La forma della spada

«Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini. Per questo non è ingiusto che una disobbedienza in un giardino contamini tutto il genere umano; come non è ingiusto che la crocifissione di un solo giudeo sia sufficiente a salvarlo. Forse ha ragione Schopenhauer: io sono gli altri, ogni uomo è tutti gli uomini, Shakespeare è in qualche modo il miserabile John Vincent Moon».




La forma della spada

Gli traversava il volto una cicatrice amara: un arco cinereo e quasi perfetto che lo sfregiava da una tempia fino all'altro zigomo. Il suo vero nome non importa; tutti a Tacuarembò lo chiamavano l'Inglese della Colorada. L'Inglese veniva dalla frontiera, da Rio Grande do Sul; alcuni assicuravano che in Brasile era stato contrabbandiere. I campi della Colorada erano pantanosi; le acque, amare; l'Inglese, per rimediare a queste deficienze, lavorò al pari dei suoi peoni. Dicono che fosse severo fino alla crudeltà, ma scrupolosamente giusto. Dicono anche che s'ubriacasse; un paio di volte all'anno si chiudeva in camera e ne emergeva dopo due o tre giorni come da una battaglia o da una vertigine, pallido, tremante, sgomento, e non meno autoritario di prima. Ricordo i suoi occhi glaciali, la sua energica magrezza, i suoi baffi grigi. Non frequentava nessuno; vero è che il suo spagnolo era rudimentale, misto di brasiliano. A parte qualche lettera
commerciale e qualche catalogo, non riceveva corrispondenza.

L'ultima volta che visitai i distretti del nord, una piena del torrente Caraguatà mi costrinse a pernottare alla Colorada. Dopo pochi minuti, credetti di notare che la mia presenza era importuna; cercai d’ingraziarmi l’Inglese; m’appigliai alla meno perspicace delle passioni: il patriottismo. Dissi che quando un paese è animato da uno spirito come quello che anima l’Inghilterra, questo paese è invincibile. Il mio interlocutore assentì, ma aggiunse, con un sorriso, che non era inglese. Era irlandese, di Dungervan. Detto questo s’arrestò, come se avesse rivelato un segreto. Dopo cena, uscimmo a guardare il cielo. Questo s'era schiarito, ma dietro le montagne del sud era rigato e incrinato da lampi, ordiva un'altra tempesta. Sulla veranda smantellata, il peone che aveva servito la cena ci portò una bottiglia di rum. Bevemmo a lungo, in silenzio.
Non so che ora fosse quando m'accorsi d'essere ubriaco; non so che ispirazione o che esaltazione o che tedio mi spingesse a chiedergli della cicatrice. Il volto dell'Inglese s'alterò; per qualche secondo pensai che stesse per buttarmi fuori.

Alla fine mi disse con la sua voce abituale:

- Le racconterò la storia della mia ferita a una condizione: a condizione di non attenuare alcun obbrobrio, alcuna circostanza infamante.
Assentii.
Ecco la storia che mi narrò, alternando l'inglese con lo spagnolo e anche col portoghese:

Nel 1922, in una delle cittadine del Connaught, io ero uno dei molti che cospiravano per l'indipendenza dell'Irlanda. Dei miei compagni sopravvissuti, alcuni si sono volti a lavori pacifici; altri, paradossalmente, si battono nei mari o nel deserto sotto i colori inglesi. Uno, il più valoroso, morì nel cortile d'una caserma, fucilato all'alba da uomini pieni di sonno; altri (non i più sfortunati) caddero nelle anonime e quasi segrete battaglie della guerra civile. Eravamo repubblicani, cattolici; eravamo - sospetto - romantici. L'Irlanda, per noi, non era solo l'utopico avvenire e l'intollerabile presente; era un'amara e affettuosa mitologia, era le torri
circolari e le rosse paludi, era il ripudio di Parnell e le immense epopee che cantano di tori rubati, tori che in un'altra incarnazione furono eroi e in altre pesci e montagne...
Una sera che non dimenticherò, giunse tra noi un affiliato di Munster: un certo John Vincent Moon.
Aveva appena vent'anni. Era magro e molle a un tempo; dava la spiacevole impressione d'essere
invertebrato. Aveva scorso con fervore e con vanità quasi tutte le pagine di non so quale manuale comunista; il materialismo dialettico gli serviva per tagliar corto a qualsiasi discussione. Le ragioni che può avere un uomo per abominarne un altro, o per amarlo, sono infinite: Moon riduceva la storia universale a un sordido conflitto economico. Affermava che la rivoluzione è destinata a trionfare. Gli dissi che a un gentleman non possono interessare che le cause perdute... Era già notte; continuammo a dissentire in corridoio, per le scale, poi nell'oscurità delle strade. I giudizi emessi da Moon m'impressionarono meno del suo inappellabile tono apodittico. Il nuovo compagno non discuteva: asseriva. E asseriva con sprezzo e con una certa collera.
Eravamo giunti alle ultime case, quando una brusca sparatoria ci assordò. (Poco prima avevamo
costeggiato il lungo muro cieco d'una fabbrica o d'una caserma). Voltammo per una strada di terra battuta; un soldato, enorme nel riverbero, sorse da una baracca incendiata. Ci gridò di fermarci. Io affrettai il passo; il mio compagno non mi seguì. Mi volsi: John Vincent Moon stava immobile, affascinato e come eternato dal terrore. Allora tornai indietro, atterrai con un colpo il soldato, scossi Vincent Moon, lo insultai e gli ordinai di seguirmi. Dovetti sostenerlo col braccio; la paura lo paralizzava. Fuggimmo, nella notte forata dagli incendi. Una scarica di fucileria ci raggiunse; una pallottola sfiorò la spalla destra di Moon; questi, mentre fuggivamo tra i pini, ruppe in un debole singhiozzo.
In quell'autunno del 1922 io m'ero rifugiato nella villa del generale Berkeley. Questi (che non avevo mai visto) ricopriva allora non so quale carica amministrativa nel Bengala; la casa aveva meno d'un secolo, ma era scalcinata e oscura e abbondava di perplessi corridoi e vane anticamere. Il primo piano era tutto occupato dal museo e dall'enorme biblioteca: libri incompatibili, antinomici, che in qualche modo sono la storia del secolo XIX; scimitarre di Nishapur, nei cui archi di cerchio sembrava durare il vento e la violenza delle
battaglie. Entrammo (mi sembra di ricordare) da un sotterraneo. Moon, con le labbra arse e tremanti, mormorò che i casi di quella notte erano stati interessanti; lo medicai, gli portai una tazza di tè; accertai che la sua «ferita» era superficiale. D'un tratto perplesso, balbettò:
– Ma lei s'è notevolmente arrischiato.
Gli dissi di non preoccuparsi. (L' abitudine della guerra civile m'aveva spinto ad agire come agii; inoltre, la cattura d'un solo affiliato poteva compromettere la nostra causa).
Il giorno dopo, Moon aveva recuperato il suo equilibrio. Accettò una sigaretta e mi sottopose a un severo interrogatorio su «le risorse economiche del nostro partito rivoluzionario». Le sue domande erano molto lucide; gli dissi (ed era vero) che la situazione era grave. Improvvise scariche di fucileria scossero il sud.
Dissi a Moon che i compagni ci aspettavano. Avevo lasciato il soprabito e la rivoltella in camera mia; quando tornai, trovai Moon steso sul sofà, con gli occhi chiusi. Pensava di avere la febbre; disse che una contrazione dolorosa gli immobilizzava la spalla.
Compresi allora che la sua codardia era irreparabile. Gli consigliai vagamente di riguardarsi e me ne andai. Quell'uomo impaurito mi faceva vergogna, come se il vigliacco fossi stato io, e non Vincent Moon. Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini. Per questo non è ingiusto che una disobbedienza in un giardino contamini il genere umano; per questo non è ingiusto che la crocifissione di un solo giudeo basti a salvarlo. Forse Schopenhauer ha ragione: io sono gli altri, ogni uomo è tutti gli uomini, Shakespeare è in qualche modo il miserabile John Vincent Moon.
Nove giorni passammo nell'enorme casa del generale. Delle agonie e luci della guerra non dirò nulla: il mio proposito è di raccontare la storia di questa cicatrice che mi sfregia. Quei nove giorni, nella mia memoria, fanno un giorno solo, salvo il penultimo, quando i nostri irruppero in una caserma e potemmo fare esatta vendetta dei sedici compagni mitragliati a Elphin. Io scivolavo via di casa nel primo confuso chiarore dell'alba. Tornavo al cader della notte. Il mio compagno m'aspettava al primo piano: la ferita non gli permetteva di scendere al pianterreno. Lo ricordo con un libro di strategia tra le mani: F. N. Maude o Clausewitz. – L 'arma che preferisco è l'artiglieria, – mi confessò una notte. S'informava dei nostri piani; gli piaceva censurarli o riformarli. Anche soleva deplorare «la nostra lamentevole base economica»;
profetizzava, dogmatico e scuro in volto, la fine rovinosa. – C’est une affaire flambée, – mormorava. Per mostrare che gli era indifferente d'essere un codardo fisico, esagerava la propria superbia mentale. Passarono così, bene o male, nove giorni.
Il decimo, la città cadde definitivamente in potere dei Black and Tans. Alti cavalieri silenziosi
pattugliavano le strade; v'erano ceneri e fumo nel vento; a un angolo di strada vidi un cadavere: meno tenace, nel mio ricordo, d'un manichino sul quale i soldati interminabilmente s'esercitavano al tiro, in mezzo alla piazza... Io ero uscito all'alba, come al solito; ma tornai prima di mezzogiorno. Moon, in biblioteca, parlava con qualcuno; dal tono della voce compresi che parlava per telefono. Poi udii il mio nome; poi, che sarei tornato alle sette; poi, che avrebbero dovuto arrestarmi mentre attraversavo il giardino. Il mio ragionevole amico stava ragionevolmente vendendomi. Lo udii esigere delle garanzie di sicurezza personale.
Qui la mia storia si confonde e si perde. So che inseguii il delatore per neri corridoi d'incubo e alte scale di vertigine. Moon conosceva la casa molto bene, molto meglio di me. Una o due volte lo persi. Lo bloccai prima che i soldati mi fossero sopra. Da una delle panoplie del generale strappai una mezzaluna d'acciaio; con essa gl'impressi sul volto, per sempre, una mezzaluna di sangue.

Borges: a lei che è uno sconosciuto, ho fatto questa confessione. Il suo disprezzo non mi dorrà troppo.

Qui il narratore s'interruppe. Notai che gli tremavano le mani.
- E Moon ? - chiesi.
- Riscosse i denari di Giuda e fuggì in Brasile. Quella sera, sulla piazza, vide fucilare un manichino da soldati ubriachi.
Attesi invano la continuazione della storia. Alla fine gli dissi di continuare.
Allora un gemito l'attraversò; allora mi mostrò con debole dolcezza la curva cicatrice biancastra.
- Lei non mi crede? - balbettò. - Non vede che porto impresso sul volto il marchio della mia infamia? Le ho narrato la storia in questo modo perché lei l'ascoltasse fino alla fine. Io ho denunciato l'uomo che m'aveva protetto: io sono Vincent Moon.
Ora mi disprezzi.

da Jorge Luis Borges - Einaudi, 1955

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che cosa farà adesso il narratore (ora narratario della storia)?
che cosa farà adesso l'Inglese?
qual è il significato della storia? sottolinea i passi del racconto che ti hanno fatto dare quest risposta.
sottolinea in un colore diverso i passi che introducono il tema del labirinto